Così la regione Sicilia evitava la zona rossa. Le intercettazioni choc «I morti? Meglio spalmarli su più giorni»

Così la regione Sicilia evitava la zona rossa. Le intercettazioni choc «I morti? Meglio spalmarli su più giorni»

di Giammarco Oberto

I morti? Meglio spalmarli su più giorni. Il numero di positivi di Palermo? Troppo alto per essere comunicato in un giorno solo. Benvenuti nella gestione creativa dei numeri del Covid in Sicilia.


Un sistema che ha funzionato per almeno cinque mesi con il fine - secondo la procura di Trapani che ieri ha tirato le fila dell'inchiesta e fatto scattare le manette a Palermo - di condizionare le scelte del governo regionale sulle norme anti-contagio da applicare sull'isola. Dove da novembre i contagi sarebbero cresciuti più volte, anche in modo preoccupante, senza che nessuno lo sapesse: neppure il governatore Nello Musumeci. A cui i dati veri su decessi, positivi e tamponi erano nascosti - secondo gli inquirenti - dal suo fedelissimo assessore alla Sanità: Ruggero Razza, indagato per falso materiale e ideologico in concorso. Ieri si è dimesso, «per sottrarre il governo - ha dichiarato - da inevitabili polemiche» pur ribadendo «che in Sicilia l'epidemia è sempre stata monitorata con cura». Nel pomeriggio, però, di fronte al procuratore aggiunto Maurizio Agnello e alle sostitute Sara Morri e Francesca Urbani si è avvalso della facoltà di non rispondere.


L'INCHIESTA. I magistrati che guidano l'inchiesta sulla falsificazione del flusso di dati verso l'Istituto Superiore di Sanità contestano quaranta episodi a partire da novembre, l'ultimo il 19 marzo. Nove indagati in tutto, tre persone agli arresti domiciliari: Maria Letizia Di Liberti, braccio destro dell'assessore, dirigente generale del Dipartimento per le attività sanitarie e Osservatorio epidemiologico; Salvatore Cusimano, funzionario regionale, ed Emilio Madonia, dipendente di una ditta che gestisce i flussi informatici dell'assessorato. Sono gli artefici - scrive il gip di Trapani Caterina Brignone nell'ordinanza di custodia cautelare - «di un disegno politico scellerato, a cui sembra estraneo il presidente della Regione Musumeci, che anzi pare tratto in inganno dalle false informazioni che gli vengono riferite». «Si è cercato di dare un'immagine della tenuta e dell'efficienza del servizio sanitario regionale e della classe politica che amministra migliore di quella reale e di evitare il passaggio dell'intera regione o di alcune sue aree in zona arancione o rossa, con tutto quel che ne discende anche in termini di perdita di consenso elettorale per chi amministra».


LE INTERCETTAZIONI. Un'inchiesta nata per caso, lo scorso novembre, a partire da un'indagine dei carabinieri su un laboratorio di Alcamo che avrebbe rilasciato centinaia di tamponi errati: negativi invece che positivi. I pm hanno deciso di fare un approfondimento all'assessorato regionale alla Sanità. E hanno deciso di mettere sotto controllo i telefoni. Le intercettazioni hanno scoperchiato la pentola. «I deceduti glieli devo lasciare o glieli spalmo?» chiede la dirigente. Rezza: «Ma sono veri?». Lei: «Sì, solo che sono di 3 giorni fa». L'assessore acconsente: «Spalmiamoli un po'». «Ah, ok, allora oggi gliene do uno e gli altri li spalmo in questi giorni».

In altre conversazioni il numero dei morti viene deciso a tavolino. «Ruggero dice che sono troppi - dice la Di Liberti al commissario per l'emergenza Covid Renato Costa - c'è il problema della domenica e di non darli tutti». «Va bene, risponde Costa. E lei: «Quindi li abbasso a 285». Un'altra conversazione: «508? Scendiamo a 400 o è zona rossa».

Cinque mesi di ritocchi: «Quindi 508 lo portiamo a 370. E ci aggiungiamo 1000 tamponi». Il 19 marzo Palermo aveva numeri da zona rossa. Ma è bastato un piccolo intervento sui dati, abbassati come i chilometri di una macchina: e l'ordinanza non è arrivata.
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Ultimo aggiornamento: Mercoledì 31 Marzo 2021, 08:51
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