Antonio Monda, direttore della Festa del Cinema di Roma si appresta a mettere in

Antonio Monda, direttore della Festa del Cinema di Roma si appresta a mettere in
Antonio Monda, direttore della Festa del Cinema di Roma si appresta a mettere in scena la quindicesima edizione - dal 15 al 25 ottobre, al Parco della Musica - la più complicata tra quelle che la storia del cinema e non solo ricordino.
Se la Festa fosse un film, tra lockdown appena terminato e nuove restrizioni, cosa sarebbe?
«Un film sulla settimana di Pasqua, con la morte e la resurrezione. Anzi, vorrei proprio che la Festa rappresentasse una rinascita»
Cosa è la Festa in questo momento?
«Chiamarla Festa, considerate le tragedie recenti e quelle in atto, sembra persino poco opportuno. Tuttavia gli Stati Uniti, il Paese nel quale vivo, insegnano che nel 1929, l'anno della Grande Depressione il più tragico della propria storia, a New York sono stati costruiti i due grattacieli più belli di sempre, il Chrysler e l'Empire State Building. Potenza e bellezza reagiscono alla tragedia. Facciamo prevale l'ottimismo della volontà al pessimismo della ragione»
Di cosa va fiero in particolar modo?
«Del poster (Sydney Poitier e Paul Newman, fianco a fianco, sul setdel film di Martin Ritt, Paris Blues, 1961, ndr) che indica una idea di celebrazione e amore interrazziale. Poi del film di apertura, Soul di Pete Docter, e di Steve McQueen che porterà tre puntate della sua serie televisiva Small Ax. Entrambi i registi riceveranno il premio alla Carriera. Infine che nella sezione ufficiale e in Riflessi abbiamo soltanto opere prime».
È stato facile convincere gli ospiti a partecipare?
«No, affatto. Da un lato però ci sono i rapporti personali, dall'altro il prestigio e la reputazione sempre crescente della Festa; aggiungete che Roma è bellissima, insomma ce l'abbiamo fatta».
I titoli che la inorgogliscono?
«Time di Garrett Bradley, un film meraviglioso che andrà su Amazon dopo la Festa e Supernova di Harry Macqueen. Poi i giovani italiani, in concorso Fortuna di Nicolangelo Gelormini e The Shift di Alessandro Tonda. Nella sezione Riflessi, Le Eumenidi di Gipo Fasano e Maledetta Primavera di Elisa Amoruso».
C'è tanta romanità, dall'incontro pubblico con Francesco Totti, presentato da Pierfrancesco Favino, al film Mi chiamo Francesco Totti, di Alex Infascelli
«Totti, ma anche Romulus di Matteo Rovere. Il primo e l'ultimo re di Roma, insomma. E poi c'è il docufilm sul Papa, Francesco, mi affascina perché Evgeny Afineevsky, regista candidato all'Oscar, ha avuto l'approccio del laico al pontefice».
L'intervista integrale su Leggo.it
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Ultimo aggiornamento: Martedì 6 Ottobre 2020, 05:01
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