«I (social) media che vorrei»: il nuovo libro di Ruben Razzante

«Un’agenda per i nuovi decisori istituzionali per realizzare un Umanesimo digitale dove le tecnologie sono al servizio dell’uomo»

«I (social) media che vorrei»: il nuovo libro di Ruben Razzante

di Elena Fausta Gadeschi

«Sicuri, inclusivi, rispettosi dei diritti individuali e funzionali alla crescita della democrazia». Sono i social media del futuro che Ruben Razzante, docente di Diritto dell’informazione, immagina nel suo nuovo libro «I (social) media che vorrei. Innovazione tecnologica, igiene digitale, tutela dei diritti» dove traccia, insieme ad altri 11 co-autori, «un’agenda per i nuovi decisori istituzionali per realizzare un Umanesimo digitale dove le tecnologie sono al servizio dell’uomo».

Smart Working, nuova forma di libertà. Spanò: «Può favorire il ripopolamento dei piccoli borghi»

Premio Strega 2023, ecco i finalisti. La premiazione questa sera alle 23 (in diretta su Rai3)

«I social media che vorrei»

Professore, come si migliora l’ecosistema digitale?

Con la tutela giuridica dei diritti, l’educazione digitale fin dalle scuole dell’obbligo e l’autodisciplina quando si utilizzano i social, sia a livello individuale, sia a livello di categorie.

Come si intercetta la domanda di informazione?

I giornalisti devono fare meglio e con più scrupolo il loro lavoro, gli editori devono investire di più e pagare meglio, e le piattaforme web e social devono valorizzare la qualità dell’informazione senza puntare su titoli sensazionalistici.

Non ritiene che sia troppo utopistica la fiducia nei colossi del web?

Lasciarli fuori, demonizzarli e fare muro contro muro non serve.

Non dimentichiamo che sono soggetti che hanno anche una capacità di lobbying immensa sui legislatori, riuscendo ad orientarne il processo decisionale. Dobbiamo cercare di convincerli e sensibilizzarli, come già avvenuto durante il Covid. La task force di cui ho fatto per il governo Conte II interloquiva efficacemente con Google e Facebook. Si tratta di fare bene a tutta la filiera, puntando sulla fiducia degli utenti perché la gente si allontana dal web se sa che sono ricettacolo di fake news.

Come si attrae il pubblico più giovane nell’era dell’informazione one to many?

Assistiamo ad un’overdose di informazione messa in rete ad una velocità enorme. Le interazioni sono basate sull’emotività e alla base c’è una saturazione degli spazi di approfondimento. Questo significa che bisogna curarli di più, lavorando a contenuti brevi ma di qualità che rafforzino il senso civico e la partecipazione dei ragazzi.

E chiamare in televisione personaggi nati sui social come avvenuto al Festival di Sanremo con Chiara Ferragni pensa che possa essere efficace?

Penso che possa funzionare perché intercetta un pubblico diverso. Diversificare i mezzi, adattando per ciascuno contenuti differenti amplierebbe la platea ed è quello che dovrebbero tenere a mente anche i gruppi editoriali, investendo di più nelle figure dei social media manager ed evitando di pubblicare su Instagram e Facebook notizie preconfezionate per la carta e il web.

E di Fiorello cosa pensa?

È un modo scanzonato di fare informazione, commentando iperbolicamente le notizie. Un genere molto vivace e costruttivo sul piano di un’informazione vicina alle good news, che non drammatizza troppo la realtà e la rende invece più digeribile.

A cura di Ruben Razzante, I (social) media che vorrei, FrancoAngeli, 168 p, 18 euro. Il libro sarà presentato a Roma il 20 luglio alle ore 11 presso Esperienza Europa – David Sassoli.


Ultimo aggiornamento: Venerdì 7 Luglio 2023, 09:48
© RIPRODUZIONE RISERVATA