La droga arrivava direttamente a casa con un “rider” a bordo di un monopattino. Bastava un messaggio su Whatsapp per ordinarla, utilizzando parole in codice che corrispondevano ciascuna a tipo di stupefacente. “Basa” o “pizza cotta” stavano per crack, “acqua” o “Mafalda” erano lo shaboo, “Gina” indicava il GHB, conosciuta anche come droga dello stupro, “Tina”, “Carla” o “riso in bianco” erano invece la classica cocaina. Le piazze di spaccio stanno cambiando pelle e i narcotrafficanti utilizzano il metodo “delivery” per le cessioni. L’organizzazione di narcos “4.0”, composta da sei persone finite in manette dopo un’indagine dei carabinieri del comando provinciale della Capitale e della compagnia Roma Centro, ha permesso di aprire uno spaccato sulle nuove frontiere del narcotraffico nella grandi città.
A capo della banda di spacciatori c’era Jinyu Lin, una ragazza cinese di 31 anni promotrice della filiera di spaccio che in pochi minuti era in grado di recapitare ogni tipo di sballo a domicilio in tutta Roma, grazie ad una fitta rete di corrieri che veniva utilizzata giorno e notte.
Ultimo aggiornamento: Giovedì 23 Settembre 2021, 12:50
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