Il ritorno di Terence Trent d’Arby, oggi si chiama Sananda Maitreya e racconta: «Milano, il Duomo e la mia futura moglie...»

Il ritorno di Terence Trent d’Arby, oggi si chiama Sananda Maitreya e racconta: «Milano, il Duomo e la mia futura moglie...»

di Ferruccio Gattuso

Ispirazione, libertà, bellezza, amore. Sulla bussola personale di Sananda Maitreya sono questi i punti cardinali che contano. Così, orientandosi grazie a questo strumento interiore, l’artista che un tempo rispondeva al nome di Terence Trent d’Arby ha trovato il luogo dell’anima. Quel luogo è Milano, dove dal 2001 vive il polistrumentista che ipnotizzò il mondo negli anni ’80 e ’90 con la sua voce soul e brani come Wishing Well e Dance Little Sister. Milano è lo specchio nel quale l’artista newyorchese ha riconosciuto davvero il suo volto insieme a quello di Francesca, la moglie (milanese doc) con cui ha costruito famiglia e felicità, cose che, insieme alla libertà creativa, contano più di mille hit. Il 15 marzo, giorno del 59esimo compleanno, è uscito il suo nuovo album Pandora’s Playhouse.

Da quando è diventato milanese, questo è il suo settimo disco: come si dice qui, non è stato con le mani in mano.

«Se serve una prova che qui mi sento a casa, eccola. A Milano ho trovato un’energia particolare, empatia verso arte e bellezza. E poi Storia e contaminazione. Infine, la libertà dallo showbiz. Tutto ciò porta creatività».

Ventotto brani in un concept album che sa di psichedelia, rock e soul, e dove si parla di vita e morte, mitologia greca e perfino pandemia: quest’anno difficile l’ha segnata?

«Il primo lockdown a marzo 2020 poteva essere un blocco, e invece ha scatenato la mia creatività.

Dovevo fare un album singolo, è nato un doppio. Ho lavorato senza sosta nel mio studio di registrazione al quartiere NoLo».

Chi è Pandora?

«È la compagna creata dagli dèi per Prometeo, cacciato dall’Olimpo. È la dea della Terra e di madre natura. Siamo noi, che abbiamo grandi responsabilità e che, come dico nel brano Mr. Skeleton, per la nostra mortalità dobbiamo imparare a gestire saggiamente il nostro tempo. Tutto ciò ha a che fare anche con la pandemia».

Lei suona ogni strumento ma non ha rinunciato a qualche collaborazione.

«Con Irene Grandi ho inciso la cover dei Rolling Stones Time Is On My Side. Le altre esperienze, purtroppo a distanza, con il jazzista Antonio Faraò e la band australiana The Avalanches & Vashtti Bunyan».

Da Manhattan a Milano: mai un rimpianto?

«Mai. Ogni luogo di questa città mi parla: amo passeggiare a Parco Sempione, guardare da lontano il Castello Sforzesco. La prima casa con Francesca era in via Pontaccio, di fronte allo showroom di Gianfranco Ferrè. Lo conoscemmo e fu lui a realizzare il mio abito di nozze. E dentro il Duomo regalai il primo anello alla mia futura moglie». 


Ultimo aggiornamento: Venerdì 26 Marzo 2021, 11:41
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