Milano Pride, il corteo guidato dal 'trenino' di figli di coppie omogenitoriali: «Orfani di Stato»

È partito poco dopo le 16, tra gli applausi il corteo del Pride a Milano. «Libertà, libertà» hanno urlato i presenti

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di Redazione web

È partito poco dopo le 16, tra gli applausi il corteo del Pride a Milano. «Libertà, libertà» hanno urlato i presenti. In testa alcuni sindaci e consiglieri comunali della città metropolitana di Milano con lo striscione: «RiconosciMi, parità e diritti». Secondo quanto stimato dagli organizzatori le persone che stanno sfilando sarebbero oltre 300mila. La testa del corteo è arrivata nella piazza dell'Arco della Pace dove sul palco si stanno susseguendo gli interventi degli esponenti della comunità Lgbtq+ e delle istituzioni. Ma sono ancora tante le persone che stanno sfilando per le vie di Milano e che devono ancora raggiungere la piazza.

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Il trenino di figli di coppie omogenitoriali

Un trenino carico di figli di coppie omogenitoriali apre la parata 2023 del Milano Pride. «L'amore non si annulla in tribunale» e «orfani di Stato» le scritte che campeggiano sul vagone centrale del convoglio carico di genitori e bambini con palloncini e magliette fucsia delle famiglie arcobaleno. «Siamo 400 famiglie da tutta la provincia», racconta una madre, sollevata dopo la decisione del tribunale di Milano di respingere il ricorso presentato dalla procura contro tre atti di riconoscimento di figli di due donne. «Ci sentiamo meglio adesso, ma c'è ancora tanto da fare», dice.

Il problema è soprattutto delle coppie di due papà. In quel caso il collegio milanese ha dato ragione alla procura, annullando la trascrizione dell'atto di nascita di un figlio avuto all'estero con maternità surrogata. «Noi siamo qui al Pride anche per le coppie di uomini e credo che tutti dobbiamo lottare per i diritti dei nostri figli. Non basta una sanatoria come dice il ministro Roccella, serve una legge», conclude la donna. «Non ci fermeremo», promette la scritta sulla fiancata dell'ultimo vagone del treno.

Schlein: rischiamo regressione sui diritti

«Siamo in pericolo di regressione sui diritti, non solo in Italia con questo governo, ma anche in Europa». Così la segretaria del Pd Elly Schlein, a margine del Milano Pride. «Vedere piazze così partecipate dall'onda Pride è un motivo di speranza, di orgoglio, di continuare ad andare avanti a lottare per il pieno riconoscimento dei diritti delle persone Lgbt», ha detto Schlein. «Continueremo a batterci - ha proseguito la segretaria dem - per il matrimonio egualitario, per il pieno riconoscimento dei figli delle coppie omogenitoriali, anche alla luce di queste decisioni che piovono come massi su queste famiglie, sul loro legami, soprattutto su questi bambini. Continueremo a batterci per le adozioni. È ancora più forte la partecipazione, ci saremo con i nostri corpi per affiancare e portare avanti questa battaglia», ha concluso Schlein.

Le parole del deputato Zan

«Il Pride è una grande manifestazione pacifica dove le persone sono arrabbiate. Il governo di destra di Giorgia Meloni sta attaccando i diritti delle famiglie arcobaleno e dei loro figli. Ecco perché il Pride è una manifestazione di resistenza», le parole del deputato Pd Alessandro Zan al Pride di Milano. «Con l'iniziativa della procura di Padova e di altre Procure, bambini di 6 anni rischiano di perdere una mamma per decreto, è vergognoso - ha aggiunto - usare le vite delle persone per speculare elettoralmente è ignobile».

A Milano «c'è gente da tutta Italia, un'onda Pride che non si arrende all'idea di veder applicato l'Articolo 3 della Costituzione - ha continuato Zan - Meloni non solo non rimuove ostacoli ma ne crea ulteriori. È crudele quello che fanno a queste famiglie».

Insomma, «noi stiamo dalla parte giusta della storia perché parliamo di vite - ha concluso - penso che questa sia una grande ingiustizia. I figli di questo Paese devono avere tutti gli stessi diritti».

Pancione arcobaleno, due mamme sfilano

Tra i manifestanti anche un pancione di sei mesi, ornato dalla scritta 'pink rainbow or blue, your 2 moms love you'. «Siamo qui per lamentarci del fatto che ora non possiamo più registrare il bambino. Stiamo facendo passi indietro allucinanti, è vergognoso», racconta Arianna, 37enne messicana, che il prossimo 29 settembre diventerà mamma insieme alla moglie Veronica, di 31 anni.

La coppia vive a Bergamo, ma si è recata in Austria per ricorrere alla procreazione medicalmente assistita. «Abbiamo scelto l'Austria perché il donatore è aperto e il bambino a 14 anni può scegliere di sapere chi è il suo padre biologico», spiegano le due donne, insieme da tempo e sposate in Messico. Per la nascita del bambino (hanno deciso di non conoscere il sesso prima del parto) resteranno a Bergamo, anche se da quest'anno in Italia non potranno registrarlo all'anagrafe come figlio di entrambe.

«Quando a ottobre abbiamo iniziato il percorso di procreazione assistita, credevamo di poter registrare», dice Arianna, sottolineando che «non è giusto che Veronica non venga considerata mamma quanto me, perché abbiamo scelto insieme di avere un figlio e ci siamo prese l'impregno entrambe». Per essere riconosciute tutte e due come madri dovranno passare per l'adozione in casi particolari, «un iter burocratico di più di un anno, che non è tutelato. Speriamo che non mi succeda nulla nel frattempo», dice la donna incinta al sesto mese. Se il parto avvenisse in altri Paesi, le due donne potrebbero registrare il figlio come coppia, allora perché non partorire all'estero? «È vero, altrove avremmo una vita più facile, ma ci piacciono le sfide. Viviamo qui, perché dobbiamo andare via noi?», si chiede Veronica.

 

Ultimo aggiornamento: Sabato 24 Giugno 2023, 19:28
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