Johnny Dorelli prova a vendere una scultura falsa (senza saperlo): l'attore finisce a processo

L'attore Johnny Dorelli dovrà affrontare un nuovo processo per aver cercato di vendere un'opera falsa

Johnny Dorelli prova a vendere una scultura falsa (senza saperlo): l'attore finisce a processo

di Redazione web

Per aver cercato di vendere una scultura di Fausto Melotti, poi rivelatasi non autentica, Johnny Dorelli dovrà affrontare un nuovo processo. Dopo essere stato assolto dal Tribunale di Milano con la formula «perché il fatto non costituisce reato» e la restituzione del bene sequestrato, l'attore e showman, al secolo Giorgio Domenico Guidi, si ritroverà ancora protagonista in un'aula di giustizia con l'accusa di aver violato il Codice dei beni culturali. Il pm di Milano Francesca Crupi ha impugnato la sentenza con cui il giudice di primo grado ha scagionato il noto volto dello spettacolo italiano ritenendo che non abbia le conoscenze «tecniche per riconoscere la natura apocrifa di un'opera d'arte» e, quindi, non si sia accorto che quella da lui acquistata negli anni '80 in una galleria di Bologna, come ha ricordato la moglie Gloria Guida, fosse contraffatta.

Finto pilota si veste da comandante e viaggia gratis per anni: il video della truffa sui social

Striscia, Tapiro a Nunzia De Girolamo dopo il caso Corona: «Nessuna censura, martedì mandiamo in onda tutto anche senza di lui»

 

La storia

Al centro della vicenda per cui ora l'attore 86enne è nei guai c'è 'Tre tempì, scultura in oro e argento 30x30x6 centimetri', attribuita negli anni '70 dalla Galleria Marlborough a Melotti. Tra il 2017 e il 2018, Dorelli per metterla in commercio si rivolse a Christiès a Milano per una valutazione e un expertise. La casa d'aste, come è sua prassi, contattò la Fondazione di riferimento dell'artista che disconobbe l'opera per difformità nella punzonatura di firma dell'artista rispetto all'originale. L'attore, dal canto suo, ha spiegato di «non essere conoscitore delle tecniche dell'artista» e di aver comprato la scultura perché gli piaceva, aggiungendo di averla fatta restaurare da uno specialista che in aula ha confermato di non essersi accorto della falsità.

Il nuovo processo

Per il giudice, quindi, Dorelli non è responsabile del reato poiché «non può dirsi raggiunta la prova incontrovertibile dell'elemento psicologico», cioè del dolo. Non così per il pubblico ministero Crupi che con poche pagine di ricorso ha chiesto alla Corte d'Appello di ribaltare la sentenza: da un lato si contesta la mancata confisca obbligatoria o l'assenza di ulteriori accertamenti da parte di un perito, necessari, invece, per «impedire la circolazione di opere d'arte contraffatte ma vendute come autentiche» ed evitare «non solo la prosecuzione di una condotta criminosa ma anche» un «grave pregiudizio al mercato delle opere d'arte che già di per sé presenta problematiche in termini di tracciabilità». Dall'altro lato, per la Procura, Dorelli, oltre al fatto di non essere riuscito a fornire alcun tipo di documentazione o prova relativa all'acquisto, potrebbe essere stato «consapevole della non autenticità» della scultura a causa di «un'alterazione grossolana» della punzonatura che «avrebbe certamente potuto destare il sospetto»


Ultimo aggiornamento: Giovedì 19 Ottobre 2023, 19:10
© RIPRODUZIONE RISERVATA