L’inchino dell’Italia a re Giorgio

Il feretro scortato dai corazzieri a Montecitorio. L’omaggio delle istituzioni, gli applausi e le lacrime. Il figlio Giulio: «Sostenne buone battaglie e cause sbagliate». Letta: «Lui e Berlusconi si chiariranno»

L’inchino dell’Italia a re Giorgio

di Totò Rizzo

I momenti più teneri sono quelli in cui il volto attonito di Clio Napolitano abbozza un sorriso dolce: orgoglio di madre e di nonna quando al microfono si alternano il figlio Giulio, 54 anni, e la nipote Sofia di 26, primogenita dell’altro figlio, Giovanni (62), a ricordare chi è stato Giorgio Napolitano oltre la politica. «Un legame indissolubile, quello con la famiglia», sottolinea Giulio. «Un nonno formidabile», testimonia Sofia.

L’ADDIO A MONTECITORIO

Per il presidente emerito l’uscita di scena è in Parlamento, in quello stesso palazzo dov’era entrato per la prima volta nel giugno del 1953, neodeputato eletto nella circoscrizione Napoli-Caserta per il Pci. Cerimoniale inedito, è la prima volta di esequie “dentro” Montecitorio, il feretro è deposto nella Sala dei Ministri, le orazioni risuonano invece nello storico emiciclo. Dove siedono alcuni fra i potenti della Terra (due presidenti d’Oltralpe, l’attuale Macron e l’ex Hollande, il tedesco Steinmeier, accolti da Sergio Mattarella, decine le delegazioni di Paesi stranieri) oltre al governo con in testa la premier Meloni e personaggi del mondo economico, accademico, culturale, sportivo.

LA FAMIGLIA

Dopo il presidente della Camera Fontana e quello del Senato La Russa che ne rimarcano il ruolo da protagonista, parla il figlio Giulio: «La politica è stata per lui ideale, missione, professione, il lavoro il senso profondo della sua esistenza ma questo non gli impedì d’essere marito, padre e nonno attento ai nostri bisogni, gioie, preoccupazioni. Ha combattuto buone battaglie e sostenuto cause sbagliate, non sopportava la demagogia e le urla». Poi la nipote Sofia: «Ci ha insegnato a trattare chiunque con rispetto e cortesia – le si incrina la voce e il fratello Simone, 24 anni, le poggia una mano sulla spalla – ci ha insegnato quanto siano importanti la famiglia e le amicizie. Ci veniva a prendere a scuola, ci portava a Villa Borghese per un gelato, andavamo con lui ai concerti, ci ha fatto conoscere personaggi famosi come la Regina Elisabetta, e amare i luoghi a lui cari, da Stromboli a Capri».

I POLITICI

Anna Finocchiaro ne parla come di un maestro e forse c’è un suono di rimpianto o di critica quando accenna a «quel partito che è stato il mio, quel Pci che si mescolava al popolo», ne loda l’impegno parlamentare («preferì il pragmatismo all’ideologismo») e, commossa, ricorda che dopo le discussioni accese «più che le sue telefonate temevo le sue lettere: più obliqua e puntuta era la scrittura, più forte era la sua rabbia».

Paolo Gentiloni ne mette in risalto la figura di europeista e Giuliano Amato le radici culturali da cui «derivava l’autorevolezza in tutti i ruoli che ha ricoperto».

LETTA: LUI E BERLUSCONI

«Pensate: lui presidente della Repubblica, Berlusconi capo del governo – ricorda Gianni Letta –. Non sempre fu facile quella convivenza ma da tutte e due le parti il rapporto si mantenne sui binari della correttezza istituzionale. Dopo Berlusconi, adesso Napolitano, a tre mesi uno dall’altro. Mi piace immaginare che incontrandosi lassù possano dirsi quello che non si dissero quaggiù e, placata ogni polemica, possano chiarirsi e ritrovarsi nella luce».

RAVASI, UN VERSO BIBLICO

Tocca al cardinale Ravasi chiudere il cerchio delle orazioni e lo fa ricordando la spiritualità di Napolitano, la sua amicizia con Benedetto XVI, la «bellezza ultraterrena» che avvertiva nell’ “Ave Verum” di Mozart, il magistero della sua lezione su società e religione ad Assisi. Infine, recita un versetto del libro del profeta Daniele come un ideale fiore sulla tomba del presidente: «I saggi risplenderanno come lo splendore del firmamento, coloro che hanno indotto molti alla giustizia risplenderanno come le stelle per sempre».

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Ultimo aggiornamento: Mercoledì 27 Settembre 2023, 01:00
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