​«Ditemi come sta Gabriele», le parole del nonno e poi l'urlo straziante prima di perdere i sensi

Un ordigno è appena esploso nel suo garage, colpendo lui e il nipote di dieci anni. Il piccolo morirà poco dopo in ospedale

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di Redazione web

«Ditemi come sta Gabriele». Pochi istanti, prima di perdere i sensi. L’ultimo grido soffocato di Silvio Cesaratto, 73 anni. Un ordigno è appena esploso nel suo garage, colpendo lui e il nipote di dieci anni. Il piccolo morirà poco dopo in ospedale. Era una specie di beniamino del paese, a Vivaro (Pordenone). Allegro, vispo, teneva testa agli adulti. Parlava, scherzava, sognava. Alle 18.45 un destino maledetto, ingiusto e ingiustificabile lo ha strappato a una vita tutta da inventare. Un’esplosione, nel garage del nonno Silvio, 73 anni, che adorava. Un ordigno come ce n’erano altri, in quella rimessa di via del Pozzo a Vivaro.

La corsa in ospedale dopo la rianimazione sul posto, poi la notizia che ha atterrito un paese intero. Gabriele, dieci anni, non ce l’ha fatta. È morto all’ospedale di Pordenone. Ha lasciato la mamma Michela Tommasini, leader dell’Albergo diffuso di Vivaro e segretaria di Protezione civile, papà Marco, dipendente della Friulchem (sempre a Vivaro). Un fratellino e quattro nonni, tra cui Silvio Cesaratto, ricoverato in condizioni serie ma non in pericolo di vita.

I soccorsi

Quando i soccorritori sono arrivati in via del Pozzo, hanno rischiato anche loro. I corpi del piccolo Gabriele e del nonno Silvio erano vicini all’ingresso della rimessa e i vigili del fuoco dopo pochi minuti hanno isolato l’area per sicurezza. Non era chiaro, infatti, se all’interno dello stabile ci fossero altri ordigni pronti a esplodere. Fino alla tarda serata di ieri è andato avanti il lavoro degli artificieri del Comando provinciale dei carabinieri di Udine.

Loro il compito di capire cosa sia esploso in quell’istante maledetto. Oggi arriverà anche la Scientifica dei carabinieri di Pordenone. Secondo le prime ricostruzioni, l’ordigno esploso non avrebbe avuto un alto potenziale, visti i danni limitati allo stabile. Si notavano i segni del disordine generato dall’onda d’urto e le già fragili finestre rotte.

Il dolore

Alessandro Ferluga è vicesindaco del paese. Ma è soprattutto un amico della famiglia. «Lo siamo tutti, qui», dice. È stato tra i primi ad arrivare in via del Pozzo. «Ho sentito le ambulanze e sono corso qui», spiega con la voce affannata quando Gabriele è ancora affidato ai tentativi di rianimazione dei sanitari. Altri vicini riferiscono di aver «sentito un botto violento». I vicini, trattenendo a stento le lacrime, dicono di aver sentito «un boato spaventoso. All’inizio pensavamo fosse qualcosa in cantina. Inizialmente non avevamo capito la gravità della cosa, poi abbiamo visto arrivare prima i pompieri, le ambulanze e l’elicottero». La commozione è troppa anche per loro. Nessuno vuole parlare, tutti hanno le lacrime agli occhi. Qualcuno si abbraccia, qualcuno stringe il proprio figlio. Tutti conoscevano la famiglia: il nonno per anni aveva svolto attività per le associazioni sportive del paese. Nessuna rabbia. Solo tanta disperazione.


Ultimo aggiornamento: Sabato 23 Settembre 2023, 18:18
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