«La prima persona che abbiamo soccorso è stata la piccola Chiara - racconta Gagliardi - che abbiamo trovato in stato di ipotermia, con lesioni sul corpo e gravi difficoltà respiratorie causate dall'acqua ingerita che conteneva fanghiglia. Situazione, questa, pericolosa perché la sabbia e il fango occludono gli alveoli polmonari. Era semicosciente ma in evidente stato di choc. L'abbiamo trovata accanto ad un cadavere e da quello che ho saputo in seguito, quasi certamente i genitori sono tra le vittime.
Non dimenticherò mai la sua piccola mano nella mia. Così come non dimenticherò il soccorritore alpino che la teneva in braccio al quale non smettevo di ripetere 'non la lasciare, riscaldala con il tuo corpo il più possibilè».
Le parole del medico sono come in fiume in piena - metafora triste ma verosimile - che escono di botto e non si fermano. Racconta con dovizia di particolari ciò che accaduto perché, dice, «è stato un lavoro immane, abbiamo fatto anche l'impossibile per salvare più persone possibili e trovare i dispersi e chi non vive direttamente questi momenti non può capire».
L'elisoccorso ha operato con difficoltà, perché non vi erano nell'immediato punti d'appoggio sicuri dove atterrare, ma «pur di salvare la piccola - ricorda Gagliardi - abbiamo operato quello che in gergo si chiama hovering», una manovra che consiste nello stazionare a punto fisso rispetto al suolo ad altitudine costante, senza poggiare a terra. «Surreale» è la parola usata da Gagliardi per descrivere quei momenti di disperazione. «Quello che mi addolora di più - conclude - sono le urla dei parenti nel vedere i corpi a terra, ma nessuno aveva il coraggio di chiedermi se erano vivi o morti».
Ultimo aggiornamento: Martedì 21 Agosto 2018, 16:37
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