Attanasio e Iacovacci uccisi in Congo. «Arrestati dei sospetti». Poi il dietrofront

Attanasio e Iacovacci uccisi in Congo. «Arrestati dei sospetti». Poi il dietrofront

Dopo mesi di silenzio e di lavoro svolto nell'ombra da parte degli investigatori, nella Repubblica democratica del Congo qualcosa sembra muoversi nella strada verso la verità sull'assassinio dell'ambasciatore italiano Luca Attanasio, del carabiniere Vittorio Iacovacci e del loro autista Mustapha Milambo, uccisi in un agguato mentre viaggiavano a bordo di un'auto del Programma alimentare mondiale. «Ci sono sospetti che sono stati arrestati e vengono interrogati», ha annunciato il presidente congolese Félix Tshisekedi. Citato dal quotidiano del Paese Actualité, Tshisekedi ha evocato una possibile rete: «Sono 'coupeurs de routè organizzati in bande e hanno sicuramente dei protettori».

In tarda serata arriva, da fonti governative, la smentita della notizia dei 3 arresti. È quanto si apprende da fonti governative che precisano come nell'intervista di ieri ad AfricaNews, che oggi è stata rilanciata dai media italiani, il presidente congolese Tshisekedi, nel rispondere a una domanda sugli sviluppi delle indagini, si è riferito genericamente a quanto fatto sinora dalle autorità congolesi parlando quindi di arresti che risalgono al marzo scorso.

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Il mortale agguato del 22 febbraio

 

La mattina del 22 febbraio, Attanasio e Iacovacci stavano viaggiando sulla strada tra Goma e Rutshuru, in una regione del Paese africano - il Nord Kivu - da anni teatro di violenti scontri tra decine di milizie che si contendono il controllo del territorio e delle sue risorse naturali. Il diplomatico italiano avrebbe dovuto visitare un programma di distribuzione di cibo nelle scuole dell'agenzia dell'Onu, fresca di Nobel per la pace.

Le due auto del Pam furono invece fermate a circa 15 chilometri da Goma, nei pressi di Nyiaragongo, nel parco nazionale di Virunga. A bloccarle un commando di sei persone che aprì il fuoco, prima sparando in aria, poi uccidendo l'autista. Gli assalitori avrebbero quindi portato il diplomatico e il carabiniere della scorta nella foresta dove esplose un conflitto a fuoco con una pattuglia di ranger e con forze dell'esercito locale. Uno scontro nel quale Iacovacci e Attanasio rimasero colpiti a morte. Inutile per il diplomatico un disperato viaggio verso l'ospedale di Goma.

Immediatamente il governo di Kinshasa aveva puntato il dito contro le Forze democratiche di liberazione del Ruanda, ribelli di etnia Hutu conosciuti per il genocidio del 1994, che hanno stabilito la loro roccaforte nell'area dell'agguato. Ma fin da subito la verità sulla morte dell'ambasciatore è sembrata nascondersi dietro una coltre sempre più fitta di affermazioni contraddittorie, di smentite, di rimpalli di responsabilità, in particolare su chi doveva proteggerlo e su aveva la responsabilità della sua sicurezza durante quell'ultimo viaggio.

Poche settimane dopo la morte di Attanasio, in Congo è stato ucciso anche un magistrato militare che indagava sull'agguato, in un'imboscata sulla stessa strada Rutshuru-Goma. Sono tre le indagini che in contemporanea cercano di fare luce sull'agguato del 22 febbraio: una del Dipartimento per la sicurezza delle Nazioni Unite, una delle autorità italiane e l'ultima della Repubblica democratica del Congo. «Dobbiamo mettere tutti gli elementi in fila. Abbiamo la collaborazione dei servizi italiani e stiamo lavorando duramente», assicura il presidente Tshisekedi. Ora la notizia degli arresti sembra riaccendere la speranza di avvicinarsi ai colpevoli, o perlomeno di rispondere a qualcuno dei molti interrogativi che ancora avvolgono il destino del diplomatico italiano.


Ultimo aggiornamento: Domenica 23 Maggio 2021, 00:14
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