Rugby Nuova Zelanda-Italia 96-17 a Lione, la marea All Blacks travolge gli azzurri, meta show di Capuozzo. Il ct uscente Crowley: «Qualcosa deve cambiare»

Terzo turno dei Mondiali: batosta senza appello per la squadra di Lamaro

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di Paolo Ricci Bitti, inviato a Lione

Con qualche disappunto i francesi, in ovvia stragrande maggioranza sulle tribune del maestoso Ol Stadio di Lione stipato da 57.083 fedeli, passano a cantare la "Marsigliese" dopo aver constatato che intonare “Fratelli d’Italia” e “Italie, Italie” non conta proprio nulla.
Al the sono già 7 mete per gradire contro nessuna degli azzurri che in realtà non hanno mai e proprio mai rischiato di segnarne una. Nella ripresa ne grandineranno altre 7 per un tombale 96-17, secondo peggior risultato di sempre dopo il 101-3 dei mondiali 1999.


Niente da fare, i decenni passano ma gli All Blacks non si fanno avvicinare dall’Italia che nel primo tempo non ha proferito una sillaba di rugby (42-3) a parte il penalty di Allan. 


Già dopo 22 minuti la Nuova Zelanda, versione non sbaglio nemmeno una virgola, ha conquistato il bonus offensivo segnando la quarta meta con Savea, ma in realtà il de profundis era già stato suonato al 18’ quando Telea si è tuffato in meta dopo una galoppata corale degli All Blacks dai loro 22 iniziata acchiappando il calcio di rinvio di Garbisi. Ovvero i kiwi hanno segnato due mete in due minuti, la seconda senza di fatto incontrare ostacoli nelle loro dirompenti per quanto eleganti corse: la “veronica” di Beauden Barrett che ha ingannato tre azzurri è da incorniciare. 


Si era detto che gli All Blacks per la prima volta avevano studiato il gioco “rapido” dell’Italia per rallentarlo, ma poi hanno fatto prima manovrando solo loro. Un’impressionante lezione che ci ha riportato dietro la lavgna, nera nerissima, per ogni aspetto del rugby: placcaggio, mischia, ordinata, touche (5 perse!), rilanci, gioco al piede (Garbisi ancora opaco nei rari palloni che ha avuto).

La meta fantastica di Ange Capuozzo al 47’ per il 49-10? Ce la teniamo come zuccherino per addolcire un po' una partita che più amara non si può. Dopo avere gettato alle ortiche due touche in attacco, ne abbiamo azzeccata una che ha lanciato i trequarti. Finalmente si sono visti sfrecciare gli azzurri con la palla arrivata alla nostra piccola ala lanciata a tutto gas: su di lui si sono tuffati in picchiata quattro rapaci neri ma lui è riuscito a planare oltre la linea.
La fiammella azzurra in avvio di ripresa è durata un battito di ciglia, poi di nuovo una sinfonia tutta nera sciorinando ogni possibile attacco in cui ha brillato McKenzie, sempre agilissimo. Due mete anche per il colosso Coles e mai che gli azzurri potessero contenere la marea All Blacks iniziata con il canto della Ka Mate, l’haka classica, non quella più bellicosa ché non ce n’era bisogno. In chiusura di match un altro lampo azzurro con la meta di Ioane in bandierina: meglio di niente, ma ormai il punteggio era divenuto più devastante di ogni possibile previsione.

Si era detto che questo match contro gli All Blacks serviva a dimostrare il valore degli azzurri, ed eccolo qui il livello: il vertice del rugby mondiale è ancora lontano anni luce. Achille non raggiungerà mai la tartaruga.

Sulla carta vincendo contro la Francia il 6 ottobre l'Italia può ancora passare ai quarti, ma si fa fatica anche solo a pensarlo.

Contro gli All Blacks ai Mondiali 1987 furono 70 punti di tariffa, nel 1999 furono 101, nel 2007 ancora 76, oggi altri 96: ma il rugby italiano uscirà mai da questo tunnel?

Il ct, uscente, Kieran Crowley, neozelandese campione del mondo nel 1987 che ha attraversato tutte queste ere: "Certo, qualcosa deve cambiare, dovrà cambiare. Adesso però con i ragazzi dobbiamo pensare alla prossima partita, alla Francia, dobbiamo concentrarci su ciò che ci riguarda più da vicino".

Paolo Ricci Bitti


Classifica Poule A: Francia *** 13; Nuova Zelanda*** 10; Italia ** 10; Uruguay** 0; Namibia*** 0. * partite effettuate. Ultimo turno: Francia-Italia 6 ottobre.

Il tabellino di Nuova Zelanda-Italia

Marcatori: 7’ m. Jordan tr. Mo’unga (7-0), 10’ c.p. Allan (7-3), 17’ m. Smith tr. Mo’unga (14-3), 19’ m. Telea tr. Mo’unga (21-3), 22’ m. Savea tr. Mo’unga (28-3), 27’ m. Smith tr. Mo’unga (35-3). 34’ Smith tr. Mo’unga (42-3), 40’+4 m. Savea tr. Mo’unga (49-3), 48’ m. Capuozzo tr. Allan (49-10), 50’ m. Retallick tr. Mo’unga (56-10), 55’ m. Papali’i tr. Mo’unga (63-10), 61’ m. Coles (68-10), 68’ m. McKenzie tr. McKenzie (75-10), 70’ m. Jordan tr. McKenzie (82-10), 74’ m. Coles tr. McKenzie (89-10), 76’ Lienert-Brown tr. McKenzie (96-10), 80’ m. Ioane tr. P. Garbisi (96-17)

Nuova Zelanda: 15 Beauden Barrett, 14 Will Jordan, 13 Rieko Ioane, 12 Jordie Barrett (63’ Lienert-Brown), 11 Mark Telea, 10 Richie Mo’Unga (63’ McKenzie), 9 Aaron Smith (50’ Roigard), 8 Ardie Savea, 7 Dalton Papali’i (57’ Cane), 6 Shannon Frizell, 5 Scott Barrett, 4 Brodie Retallick (50’ Whitelock), 3 Nepo Laulala (50’ Lomax), 2 Codie Taylor (57’ Coles), 1 Ofa Tuungafasi (50’ Williams)

Italia: 15 Tommaso Allan (60’ Odogwu); 14 Ange Capuozzo, 13 Juan Ignacio Brex, 12 Luca Morisi, 11 Montanna Ioane; 10 Paolo Garbisi, 9 Stephen Varney (50’ Page-Relo); 8 Lorenzo Cannone, 7 Michele Lamaro (65’ Halafihi), 6 Sebastian Negri (50’ Zuliani); 5 Federico Ruzza, 4 Dino Lamb (40’ N. Cannone); 3 Marco Riccioni (45’-55’, 65’ Ferrari), 2 Giacomo Nicotera (50’ Faiva), 1 Danilo Fischetti (17’ Nemer).

 

L'attesa

Nella sconfitta che attende oggi l’Italia a Lione, pesante o speriamo meno pesante che sarà, c’è già comunque una vittoria che gli azzurri di Crowley hanno strappato ai sommi All Blacks.

Un successo per palati fini, per fedeli di comprovata passione ovale che lascerà invece indifferenti la maggioranza della folle. Fa lo stesso. La prendiamo un po’ alla lontana: il 25 giugno 1995 su tutti i quotidiani sudafricani campeggiava un'intera pagina tipo Pubblicità&Progresso dedicata agli Springboks che il giorno prima a Jo’burg erano diventati campioni del mondo per la prima volta battendo gli All Blacks (ricordate il film Invictus del 2012?).

 

Si trattava della terza edizione dei Mondiali che nelle prime due edizioni avevano giustamente tenuto fuori la nazionale del paese dell’apartheid. Poi la visione di Madiba Mandela che aveva puntato anche sul rugby (totem dei boeri osteggiato dalla maggioranza di colore) per riconciliare la nazione di lì in poi arcobaleno. Il testo di quella pagina: “Ieri per l’emozione le lacrime sono diventate fiumi perché abbiamo vinto qualcosa di più grande e e di più importante della coppa del mondo, abbiamo vinto il diritto di lottare per essa”. Testo potente e arguto: andava bene anche in caso di ko, anzi andava meglio: diceva tutto dell’amore per il rugby di un popolo orgoglioso che aveva appena cominciato a camminare unito.

I Boks, va da sé, hanno vinto tre coppe del Mondo in 7 edizioni (e vinceranno anche l’attuale), mentre agli arcirivali All Blacks sono servite nove edizioni per arrivare allo stesso traguardo.


Torniamo nell’assolata Lione e al match di stasera che stiperà l’Ol Groupama stadio con 60mila fortunati: 25mila kiwi (bella trasferta dagli antipodi), almeno 5mila italiani e il resto suiveurs francesi: da una parte la migliore formazione azzurra com’è logico e come inevitabile, dall’altra la migliore formazione dei “tutti neri” come non era logico e come era evitabile.

Dal 1979 ad oggi, in almeno la metà dei 16 precedenti, le loro divinità ci hanno rifilato i rincalzi (rincalzi extralusso, ma rincalzi) riuscendo comunque sempre a imporsi: 58-9 la media. Ai Mondiali ci sono capitati - dannati sorteggi - 7 volte su 10 e in 5 partite (una saltò per un tifone in Giappone nel 2019)  la media si gonfia fino a 70-10. Ora i Blacks saranno pure precipitati al 4° posto nel ranking internazionale, ma restano sempre di un altro pianeta.

Epperò questa volta il ct Ian Foster mette i migliori e spande latte e miele per gli italiani che deve battere per approdare ai quarti di finale perché noblesse oblige.

Quindi ci tratta, almeno a parole, come se fossimo gli Springboks o la Francia ed è di certo una notevole vittoria perché gli azzurri e il ct Crowley avranno finalmente l’esatta misura del loro valore. Tutto vero, certificato dal punteggio: più sarà contenuto lo scarto più sarà attestata la qualità di quanto costruito da Crowley con il gruppo del capitano Lamaro.

Un voto realistico, non come quello derivato dai match con Namibia e Uruguay che l’Italia doveva per forza vincere con largo punteggio. Obbiettivo di rigore raggiunto, ma non con l’autorevolezza dettata dal ranking e non con la riconoscenza dovuta al Caso che ci ha messo di fronte due “piccole” prima dei colossi neozelandesi e francesi (6 ottobre, sempre a Lione). Questione di responsabilità per una nazionale dal 2000 ammessa al Sei Nazioni.

Che non avremmo mai raggiunto i quarti di finale, sin qui sempre sfuggiti, si sapeva sin dallo scalognato sorteggio di due anni fa, ma almeno il calendario della poule ci ha regalato due lussuosi match point per quanto del tutto irreali.

Di fatto il Mondiale degli azzurri inizia oggi ed è magnifico vedere l’entusiasmo negli occhi del capitano, di Ange Capuozzo, quasi enfant du pays, di Tommaso Allan che potranno giocare a mille contro i loro miti che a loro volta non toglieranno mai il piede dal gas come è giusto e maraviglioso che sia.

Allan: «Siamo cresciuti e possiamo metterli sotto pressione». E lo stesso Crowley: «La storia è contro di noi, ma c’è sempre la possibilità di cambiarla». Bravi, giusto atteggiamento, avanti così.

Il pronostico resta impietoso (almeno 30 punti dicono gli allibratori): la potenza di fuoco degli All Blacks resta fuori scala per noi. Placcare e placcare e placcare, poi se capita di mettere le mani su qualche pallone si potrà tentare il gioco in velocità brevettato dai giovani azzurri che lo staff tecnico neozelandese ha persino elogiato e studiato. Un’altra medaglia per il petto degli italiani che approderanno ai quarti ma che potranno raccontare di avere ottenuto il rispetto dei semidei neozelandesi e dei bleus, entrambi in lotta per la Coppa del Mondo. 

Paolo Ricci Bitti


Ultimo aggiornamento: Domenica 1 Ottobre 2023, 21:07
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