Ghemon a Milano, in concerto al Castello Sforzesco: «Non so dire bugie, e questo mi fa sentire libero»

Dentro un’ora e tre quarti, il canovaccio sfoglia la personalità di Giovanni Luca Picariello, detto Gianluca (e in arte Ghemon), dagli inediti musicali, alla trap, dal Festival di Sanremo al cane Tonino

Ghemon a Milano, in concerto al Castello Sforzesco: «Non so dire bugie, e questo mi fa sentire libero»

di Rita Vecchio

Preparatevi a uno spettacolo di mezzo. O, comunque, “Una cosetta così”, la pièce con cui Ghemon stasera arricchisce il cartellone allo Sforzesco per la rassegna estiva di  “Milano è Viva - Estate al Castello”, sarà una “cosetta” inaspettata. Il claim - «Non è un concerto, non è un monologo teatrale, non è uno spettacolo comico» - serve all’artista di Avellino come avvertimento per lo spettatore. Dietro una scrittura spontanea, si incastra la stand up comedy, la struttura narrativa dello storytelling, e forse inconsapevolmente, la matrice di una letteratura “etica” del Novecento. Dentro un’ora e tre quarti, il canovaccio sfoglia la personalità di Giovanni Luca Picariello, detto Gianluca (e in arte Ghemon), dagli inediti musicali, alla trap, dal Festival di Sanremo al cane Tonino. Ma dentro c'è anche il tema genitori figli, la salute mentale e la passione di un runner.

C’è prosa, c’è musica, c’è riflessione. Ghemon, come è nato lo spettacolo?

«Per esigenza di raccontare e raccontarsi al pubblico. E’ una cosa che mi caratterizza, e se c’è da prendersi un rischio, lo faccio. Il lavoro che mi sono scelto è fare un racconto in cui le persone possano rivedersi. E' successo prima con la musica e ora con questo spettacolo. Non farlo avrebbe significato sacrificare una cosa che mi faceva stare molto bene». 

Ha parlato prima di esigenza, perché?

«Perché vado in controtendenza. Nello spettacolo si parla di genitori e figli. Proveniamo da una generazione in cui i panni si lavavano in famiglia. E venendo dal rap, voglio dire le cose come stanno, non come reazione ma come conseguenza.Tra i coetanei c’è apparenza, io non so dire bugie. Questo mi fa sentire il più libero possibile». 

Quindi in “Una cosetta così” c’è più Gianluca o più Ghemon? 

«Più Gianluca. Il Ghemon che tornerà sarà sicuramente diverso. Quando mi rimetterò a fare un disco avrà quella libertà lì. Sto vivendo un periodo in cui sento slegato sia discograficamente che editorialmente. Non mi capitava da un po’». 

Sta scrivendo musica?

«Per me questo spettacolo è come fosse nuova forma di disco. Se guardo storicamente a Gaber, con le dovute proporzioni e differenze, vedo che ha fatto lo stesso.

Lo spettacolo è come fosse un disco con le sue canzoni. Una bella maniera di fare musica in tempi in cui si sa già prima tutto». 

Quali sono i riferimenti? 

«Non so bene. So che è nato tutto molto spontaneamente. Leggo libri di comici da quando sono piccolo. Oltre alla comicità c’è la potenza del racconto, di quanto il dolore possa fare ridere, e di quanta verità possa fare scaturire. Ci potrebbero essere dentro Vonnegut, come Guzzanti e Frassica. Non so davvero». 

C'è il ruolo femminile che ha un ruolo importante nello spettacolo. C'è la sua fidanzata, c'è sua madre. Che posto ricoprono?

«E' vero. Le donne della mia vita sono state le anime a cui mi sono affidato, sono le mie guide. A mia madre le origini, alla mia fidanzata il confronto. Cerco queste figure per elaborare meglio me stesso in profondità».  

Lei ha scritto: «In quasi tutti i tweet che faccio sono ironico. Fanno eccezione quelli in cui spiego che sono ironico, dove invece sono serio». Quando è serio?

«L’ironia è una valvola a cui mi hanno abituato mio padre e mio nonno. Con una punta di sarcasmo, nei momenti difficili e duri, ce la siamo sempre amaramente cavata. Quando si inizia a ridere, inizia la guarigione». 

In tutte le date ha vietato di postare sui social parti di spettacolo. 

«L’ho sconsigliato gentilmente. Lo farò anche stasera. Mi metto in combutta con il pubblico, in una sorta di carboneria in cui siamo parte della stessa cosa per goderci ciò che succede. Nei tempi dei social esserci riusciti è un successo. Come avere venduto un sacco di biglietti. Ricordo Silvio Orlando che dice che si può fare a meno del mondo per un’ora e mezza, ma soprattutto è il mondo che può fare a meno di noi per un’ora e mezza. Come dargli torto?». 


Ultimo aggiornamento: Lunedì 26 Giugno 2023, 08:11
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