Venezia, pioggia di fischi per 'A bigger splash'.
Guadagnino: "Normale, fa parte del gioco"

Venezia, pioggia di fischi per 'A bigger splash'. ​Guadagnino: "Normale, fa parte del gioco"

di Ilaria Ravarino
VENEZIA - A giocare alla roulette russa, si sa, ci si può far male. Un po' come portare un film italiano in concorso alla Mostra di Venezia: prima o poi, di sicuro, a qualcuno dei nostri toccherà il colpo fatale. A finire "impallinato" dai fischi del pubblico (si parla, come sempre, di fuoco amico: a manifestare dissenso sono soprattutto gli italiani) è stato Luca Guadagnino, secondo italiano in concorso con A Bigger Splash, remake del film del 1969 La Piscina. Lui, sportivamente, accetta il risultato. «Ognuno ha il diritto di esprimere le proprie opinioni - dice - È nella natura dei festival raccogliere anche giudizi contrastanti».





Ma il passo falso brucia, per le grandi aspettative sul regista, candidato all'Oscar nel 2010 con Io sono l'amore, e per la grandezza del cast arruolato nella pellicola. Su tutti Tilda Swinton, amica di Guadagnino e coinvolta nel film anche sul piano creativo: «Ho deciso di partecipare quando Luca ha accettato la mia idea di recitare un personaggio che ha perso la voce e quindi non può parlare - dice dal Lido - Questo perché io stessa, in quel periodo, non ne avevo voglia: era da poco morta mia madre e non mi andava di comunicare con il mondo».



Ma Swinton non è l'unica star internazionale del film, interpretato quasi interamente da stelle "importate" dall'estero: Ralph Fiennes (qui il migliore), la figlia d'arte Dakota Johnson (nella foto, in una scena) e il lanciatissimo belga Matthias Schoenaerts, nel ruolo che fu di Alain Delon.



«Ma non dite che è un'americanata, o peggio che sono un regista per gli americani - mette le mani avanti Guadagnino - Anzi, i più grandi fan dei miei film sono i coreani, i portoghesi e gli svedesi». Non certo, o almeno non stavolta, gli italiani. Che accoglieranno di nuovo il film in sala a partire dal 26 novembre.



«A Bigger Splash è un film provocatorio, che parla di desiderio e di incomunicabilità - dice Guadagnino - Tre anni fa ero in giuria a Venezia e ricordo che il film di Sophia Coppola Somewhere, ambientato anche a Milano, fu fischiato proprio dagli italiani. È un problema di prossimità. Lo stesso Tè nel deserto di Bertolucci, mio mentore, fu fischiato dagli americani. Nonostante, o proprio perché parlava di loro».
Ultimo aggiornamento: Lunedì 7 Settembre 2015, 07:10
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