Supersonic, la voce di una generazione

Supersonic, la voce di una generazione

di Chiara Rainis
“Qualcosa di irripetibile”. E’ più o meno con queste parole che Noel “The Chief” Gallagher ha provato a definire la storia degli Oasis ed è probabile che abbia ragione. Perché in fondo è così. Alla fine è quello il pensiero che si matura dopo aver visto il documentario diretto da Mat Whitecross “Supersonic” (uno dei loro inni), che ripercorre i primi anni della carriera del gruppo, ossia da quando si chiamavano The Rain e venivano snobbati da tutti, fino alle due mega serate di Knebworth da circa 2,5 milioni di richieste. In uscita nelle sale per tre giorni il 7, l’8 e il 9 novembre il lungometraggio non può non colpire dritto al cuore per il suo mix di allegria, pazzia, spensieratezza, tristezza, malinconia, riflessione ed esaltazione.

Quasi come fosse un fiore, il pistillo della pellicola è rappresentato dal rapporto di odio/amore tra i fratelli Liam e Noel. La voce e la chitarra. La forza vibrante e la mente creatrice. Ciò che ha permesso alla band di diventare interprete di una generazione e ugualmente causa della sua fine nel 2009.

Un viaggio attraverso le loro forti radici irlandesi, l’infanzia vissuta a Burnage, sobborgo di Manchester, la violenza di papà Thomas, il sostegno di mamma-coraggio Peggy, il successo quasi salvifico arrivato nel 1994 per mano del destino, come loro riconoscono, che li ha portati a riscattarsi da povertà e degrado.  Vera testimonianza che se si possiede del talento ci si può sempre e comunque rialzare.

Attorno ai ragazzi terribili, come petali, i compagni di viaggio della prima ora: Paul “Guigsy” McGuigan, il bassista, Paul “Bonehead” Arthurs, il chitarrista ritmico e Tony McCarroll, il batterista, sostituito nel 1995 da Alan White a seguito di un licenziamento non privo di conseguenze.

E poi, fondamentale, il polline, rappresentato da due dischi “Definitely Maybe” e “What’s The Story Morning Glory” capaci di accendere il fuoco in molti giovani, e i tanti concerti in Inghilterra e nel mondo.
Alcuni disastrosi come quello al Whiskey a Go Go di Los Angeles del 1994, altri epici come quello di Stevenage o del Maine Road, allora stadio dell’amato Manchester City, del 1996. E’ vero, non racconta l’intera loro ascesa e caduta ma in poco più di due ore “Supersonic” sembra riassumere tutto l’essenziale utile per far conoscere a chi non sapeva chi erano gli Oasis e sentire orgoglioso chi ha avuto il privilegio di vedere quella storia mentre ancora si svolgeva.

Ultimo aggiornamento: Domenica 6 Novembre 2016, 19:55
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