Quasi come fosse un fiore, il pistillo della pellicola è rappresentato dal rapporto di odio/amore tra i fratelli Liam e Noel. La voce e la chitarra. La forza vibrante e la mente creatrice. Ciò che ha permesso alla band di diventare interprete di una generazione e ugualmente causa della sua fine nel 2009.
Un viaggio attraverso le loro forti radici irlandesi, l’infanzia vissuta a Burnage, sobborgo di Manchester, la violenza di papà Thomas, il sostegno di mamma-coraggio Peggy, il successo quasi salvifico arrivato nel 1994 per mano del destino, come loro riconoscono, che li ha portati a riscattarsi da povertà e degrado. Vera testimonianza che se si possiede del talento ci si può sempre e comunque rialzare.
Attorno ai ragazzi terribili, come petali, i compagni di viaggio della prima ora: Paul “Guigsy” McGuigan, il bassista, Paul “Bonehead” Arthurs, il chitarrista ritmico e Tony McCarroll, il batterista, sostituito nel 1995 da Alan White a seguito di un licenziamento non privo di conseguenze.
E poi, fondamentale, il polline, rappresentato da due dischi “Definitely Maybe” e “What’s The Story Morning Glory” capaci di accendere il fuoco in molti giovani, e i tanti concerti in Inghilterra e nel mondo.
Alcuni disastrosi come quello al Whiskey a Go Go di Los Angeles del 1994, altri epici come quello di Stevenage o del Maine Road, allora stadio dell’amato Manchester City, del 1996. E’ vero, non racconta l’intera loro ascesa e caduta ma in poco più di due ore “Supersonic” sembra riassumere tutto l’essenziale utile per far conoscere a chi non sapeva chi erano gli Oasis e sentire orgoglioso chi ha avuto il privilegio di vedere quella storia mentre ancora si svolgeva.
Ultimo aggiornamento: Domenica 6 Novembre 2016, 19:55
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