Massimo Ghini: «Racconto un calcio cinico e disperato poi però riscopro il padre che c’è in me»

Massimo Ghini: «Racconto un calcio cinico e disperato poi però riscopro il padre che c’è in me»

di Michela Greco
«Mi piacciono gli italiani: vanno alla guerra come fosse una partita di calcio e vanno a una partita di calcio come fosse la guerra». Massimo Ghini usa questa citazione di Winston Churchill per raccontare Bartolomeo, il procuratore sportivo che interpreta ne La volta buona di Vincenzo Marra. La passione per il calcio – così come il tifo romanista - che accompagna da sempre l’attore è solo uno degli elementi che ha aiutato la sua trasformazione in un uomo che, dopo un passato glorioso, si ritrova solo e senza un soldo, costretto a puntare tutto su un piccolo fenomeno calcistico che andrà a recuperare in Uruguay. Un ragazzino di nome Pablito (Ramiro Garcia) che ha la magia tra i piedi e l’urgenza di riscattare la sua famiglia, ma si ritrova incastrato in un ingranaggio che lo tratta come un assegno circolare anziché come un bambino. Al cinema dal 12 marzo, sfidando l’incertezza e la paura legate alla diffusione del Covid-19, La volta buona ha nel cast anche Max Tortora e Francesco Montanari.

Ghini, che mondo rappresenta il suo Bartolomeo?
«Traccia un percorso umano cinico e terribile di disperati che si ritrovano intorno a un totem, il piccolo fenomeno del calcio, che diventa importante dal punto di vista economico e poi emotivo. La sceneggiatura mi sembrava una storia scritta da Vincenzoni per Risi, con quel coraggio del cinismo che non trovo più. Lo stesso coraggio che ha portato noi oggi a presentare il film e a farlo uscire in sala in questo periodo».

A proposito, che ne pensa dell’annullamento delle partite di calcio?
«Con la Lazio prima in classifica sto passando un momento difficile, quindi direi che possono annullare il campionato (ride). Parlando seriamente, mi chiedo come sia possibile che annullino le partite di serie A e lascino disputare quelle di B. Potremmo raccontarlo in un film di Natale, la realtà supera la fantasia. Non riesco a trovare per questa cosa una definizione migliore di ‘stronzata’».

In questo periodo fioccano i film sul calcio, tra questo, Ultras e La partita. Come se lo spiega?
«Per un periodo avevo lavorato su un film che doveva chiamarsi Il mister, passato anche per altre mani di attori: in tanti volevamo raccontare storie su cose che avevamo vissuto e conoscevamo, ma trovavamo sempre un portone chiuso dalle produzioni, si diceva che i film sul calcio fossero destinati al fallimento. Ora questa cosa si è sbloccata, ma siamo sempre nell’ambito di una narrazione critica: tutti questi film ci raccontano un dietro le quinte non lusinghiero».

La volta buona è anche un film sulla paternità...
«Io vengo da una storia difficile, sono figlio di separati alla fine degli anni ‘50, è stata dura all’epoca.
Da adulto mi sono ritrovato ad avere figli e una famiglia allargata, ma i tempi sono totalmente cambiati. Ora spesso, con certi personaggi, affronto la coda di paglia che mi porto dietro da sempre: adoro i miei figli ma sono sempre stato molto assente per la mia vita zingaresca, però stavo lavorando per la famiglia».

Ultimo aggiornamento: Giovedì 5 Marzo 2020, 08:24
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