'Everyday Rebellion', ecco il docu-film
sulle proteste delle donne a seno nudo

'Everyday Rebellion', ecco il docu-film ​sulle proteste delle donne a seno nudo

di Michela Greco
ROMA - Una cosa mostrare una donna nuda nella pubblicit di uno yogurt, un'altra mostrarla in un contesto completamente diverso, di protesta politica, magari di fronte a Berlusconi o Putin e in modalit aggressiva, niente affatto seduttiva. Inna Schevchenko, leader delle Femen, la presenza pi esplosiva e mediatica di Everyday Rebellion, ma non l'unica e nemmeno la pi significativa.





In sala da giovedì, il documentario firmato dai Riahi Brothers è infatti uno sguardo lungo due ore sulle tecniche di resistenza creativa e non violenta messe in atto negli ultimi anni nelle zone più infuocate del mondo, dalla Siria all'Iran, dall'esperienza di Occupy Wall Street a quelle della Primavera araba e del movimento spagnolo. E poi, appunto, delle Femen ucraine.



Iraniani e figli di rifugiati trasferitisi in Austria negli anni 80, i Riahi Brothers hanno girato il film in quattro anni (tra il 2009 e il 2013) «per il bisogno di dire la nostra e fare una dichiarazione forte che faccia capire che la violenza genera solo altra violenza». E allora sullo schermo scorrono le immagini di manifestanti che affrontano le forze dell'ordine con un sorriso, un abbraccio, un salto collettivo e gioioso. Oppure, quando il regime di turno rende troppo pericoloso metterci la faccia, si lascia un graffito sul muro o un timbro ribelle su una banconota, si fanno "sanguinare" le fontane della città o si lanciano per le strade centinaia di palloncini o palline da ping pong con messaggi di resistenza.



O anche, appunto, si mostra il seno esibendovi un messaggio politico: «Le Femen nascono nel 2008 da un gruppo di studentesse ucraine che si sentivano disperatamente perse – ha spiegato ieri la loro leader a Roma – la loro unica opzione era servire un sistema maschile. Non abbiamo avuto paura di sperimentare forme di resistenza e abbiamo creato un modello di protesta che oggi è mondiale. Ma il processo è lento e noi abbiamo l'ambizioso obiettivo di cambiare la mentalità della gente e, visto che siamo donne, lo facciamo senza negare la nostra sessualità, ma usandola nel modo stabilito da noi, non dagli uomini».
Ultimo aggiornamento: Martedì 9 Settembre 2014, 11:29
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