Non voleva e ha provato a difendersi, pur essendo ancora stordita dalla droga. Ha cercato invano di allontanare quell’uomo che pretendeva di avere con lei un rapporto sessuale non protetto. Poi è stata uccisa e il resto è il ricordo di un massacro che nessuna sentenza potrà mai attenuare o archiviare. Prima che la facessero a pezzi per chiuderla poi in due trolley da abbandonare sul ciglio della strada, Pamela Mastropietro si è difesa. O, almeno, ha provato a farlo e quello che oggi si legge nelle motivazioni della sentenza di appello bis - relativa alla sola aggravante della violenza sessuale - lascia solo ipotizzare fino a che punto può spingersi la violenza umana. La Corte di assise di appello di Perugia ha confermato la condanna all’ergastolo per Innocent Oseghale, il nigeriano accusato di aver prima violentato e poi ucciso e fatto a pezzi la 18enne romana a Macerata il 30 gennaio del 2018.
LA RICOSTRUZIONE
Nelle motivazioni si rimettono insieme quei minuti che portarono la Mastropietro ad entrare nell’appartamento dove viveva il nigeriano alla ricerca della droga. Ma questo non presupponeva la disponibilità della ragazza a concedersi senza protezioni e nonostante la violenza la successiva reazione della 18enne scatenò la furia dell’uomo. Dopo essere stata abusata in un rapporto non protetto e con il «progressivo scemare» degli effetti della droga, la Mastropietro riprendendo gradualmente conoscenza non ha «esitato a ribadire il proprio aperto dissenso a siffatte modalità dell’atto sessuale - si legge nelle motivazioni - incorrendo però nell’abnorme reazione di Oseghale». La Corte ha ascoltato, nel corso dell’appello bis, due uomini con cui Pamela si incontrò e anche sulla base del «supplemento istruttorio» svolto, ha ritenuto che «Pamela non avrebbe mai potuto acconsentire - né aveva acconsentito - ad un rapporto sessuale non protetto con l’imputato».
ASTINENZA E RICATTO
La prima necessità della giovane, non appena varcata la soglia di quell’abitazione - ricostruisce la Corte - fu quella di assumere stupefacenti non avendo neanche più la copertura farmacologica che la struttura di recupero da cui scappò le aveva garantito. Ed è qui che le richieste di Oseghale divennero pretese. L’uomo «al fine di consumare un rapporto senza protezione aveva preso dapprima a percuoterla e colpirla per vincere la resistenza della ragazza che, però, diveniva sempre più flebile al progressivo manifestarsi degli effetti dello stupefacente appena assunto». Poi la violenza a seguito della quale, quando Pamela iniziò a riprendersi, esplose un «acceso contrasto fra i due»: la ragazza si oppose ancora riversando sull’uomo la sua rabbia e Oseghale, i cui legali hanno già annunciato ricorso in Cassazione, «di fronte ad una cosi inaspettata reazione» ha «deciso di risolvere il problema aggredendola fisicamente con le due coltellate» fino ad ucciderla «dedicandosi poi, con fredda lucidità, a cercare di far scomparire totalmente le tracce biologiche che avrebbero potuto ricondurre alla sua persona».
Ultimo aggiornamento: Sabato 27 Maggio 2023, 08:55
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