Leopolda, Renzi chiude all'attacco:
"Chi strumentalizza i suicidi mi fa schifo"

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«Quelli che ci chiedevano di mettere le bandiere se ne sono andati dal Pd. Noi siamo qui». Con queste parole Matteo Renzi ha aperto il suo intervento alla Leopolda, giunta alla sua ultima giornata. «Noi restiamo nel Pd e la bandiera l'abbiamo tatuata nel cuore e concepiamo questo spazio come uno spazio di libertà», ha aggiunto. E rivolgendosi alla platea: «La Leopolda è la dimostrazione che le cose possono cambiare. Qui oggi non c'è l'Italia della rassegnazione».



«L'elezione di Sergio Mattarella alla presidenza della Repubblica è stato un nuovo inizio per l'Italia», ha continuato, rivendicando il merito di alcuni provvedimenti varati dal suo governo: dalla «riduzione delle tasse»(«stiamo facendo un'azione straordinaria») agli 80 euro in busta paga, fino alla scuola su cui «si sono fatti passi avanti».



«Abbiamo rovesciato il sistema politico più gerontocratico d'Europa partendo da qui e abbiamo dato stabilità al Paese che aveva la minore stabilità del nostro continente. Abbiamo orgogliosamente portato il Pd a essere il partito politico più votato in Europa e non ci avrebbe scommesso nessuno. Neanche io». «Non la facciamo per sempre la politica ma quando la facciamo la facciamo a viso aperto, con entusiasmo, poi però andiamo a casa». «Non abbiamo il volto finto pensoso di chi si ritiene depositario del sapere universale, siamo ragazzi di provincia innamorati della propria terra umili e coraggiosi, che sono artefici della propria occasione: non ce l'hanno data, ce la siamo presa, non ci hanno costruito col blog o con l'ufficio comunicazione. Ci siamo costruiti in campo», ha proseguito Renzi.



Alle accuse di chi dice che entrano nei Cda tutti quelli che sono tutti passati dalla Leopolda, Matteo Renzi replica dal palco: «A parte che non è sempre vero, ma non è mica colpa nostra se abbiamo chiamato qui in questi anni, tanta gente brava, per bene», persone che hanno deciso di mettersi in gioco e che non si fermano a fare «i disfattisti».



«Non abbiamo fatto niente ancora e il bello deve ancora venire. Perché non si passa alla storia per aver recuperato i ritardi di quelli di prima, ma se si pensa ai prossimi venti anni. Anche se noi ce ne andiamo prima dei prossimi venti anni». «Abbiamo fatto il corso accelerato, in venti mesi stiamo portando a casa tutti i risultati del passato. C'è la volontà di costruire un'orizzonte diverso e scommettere su un'Italia diversa e costruire il paese che vogliamo», ha aggiunto.



Il premier ha quindi affrontato il problema del Meridione: «Il Sud ha tutto per risollevarsi. È il momento di dire basta con le chiacchiere. Chi ha il coraggio e la forza di intervenire lo faccia anche perchè governiamo tutte le regioni. Se a questo giro non ce la facciamo con che faccia ci ripresentiamo alle prossime regionali?». Poi Renzi ha spiegato: «Abbiamo messo 150 milioni in legge di stabilità sulla terra dei fuochi: ho sfidato De Luca e gli ho detto "se non sei personaggetto questa la risolvi..."».



Poi, una stilettata all'Ue: «All'Europa che ci fa la procedura di infrazione perchè non abbiamo preso qualche impronta, diciamo che la somma delle burocrazie fa del male a se stessa. Le regole o valgono per tutti o non valgono per l'Europa: noi rispettiamo le regole e chiediamo all'Europa di rispettare le regole, la sua storia, se stessa». «Se perdo un punto perchè dico che andiamo a recuperare i cadaveri lo perdo volentieri ma non perdo la faccia: noi siamo l'Italia, noi siamo l'Italia!», ha aggiunto.



«Di fronte a ciò che è avvenuto a Parigi non possiamo far finta di nulla. E diciamo che non si risolve il problema dicendo adesso bombardiamo di qua o di là. Quelle persone che hanno ucciso sono cresciute in Europa: la questione educativa e culturale è centrale. Non ci si può semplicemente blindare mettendosi a chiave», ha sottolineato quindi Renzi.



Poi il premier ha affrontato il caso banche. «Sì alla commissione di inchiesta sulle banche lo dico a nome del governo e del Pd: non abbiamo nessuno scheletro nell'armadio», ha sottolineato. «A polemiche e retroscena rispondo con il sorriso. Non ci avrete amici: non sciupiamo l'Italia su polemiche autoreferenziali. Solidarietà per chi sfoga le proprie frustrazioni nei retroscena. Chi parla di favoritismo sta insultando persone perbene. Nessun favoritismo del governo».



«Chi pensa di strumentalizzare la vita delle persone deve fare pace con se stesso, ma chi pensa di strumentalizzare la morte delle persone personalmente mi fa schifo. Le polemiche politiche si fanno a viso aperto», ha affermato Renzi, che poi ha sottolineato: «Chi parla di favoritismo sta insultando persone perbene. Nessun favoritismo del governo».



Infine Renzi ha accennato alla questione delproprio padre, indagato da 15 mesi: «Mio padre mi sta accusando di sbagliare strategia contro le insinuazioni e continue polemiche. Ma io sono fiero dei magistrati italiani e onorato che studino con attenzione tutte le vicende e non dirò mezza parola perchè penso che il rispetto tra i poteri sia tra le migliori cose dell'Italia».



Il premier ha quindi concluso: «Si voterà a febbraio 2018. E non applaudite, perchè lo so e possiamo dircelo che quelli più nervosi, perchè si è andato al 2018 senza passare dalle elezioni, eravate voi».
Ultimo aggiornamento: Domenica 13 Dicembre 2015, 15:39