Giardiello, la strage dopo il sopralluogo: "Tutto
in 3 minuti". Funerali di Stato per le vittime

Giardiello, la strage dopo il sopralluogo: "Tutto ​in 3 minuti". Funerali di Stato mercoledì al duomo di Milano
MONZA - Omicidio plurimo aggravato. Il gip del tribunale di Monza, Patrizia Gallucci, ha convalidato l'arresto di Claudio Giardiello, il killer del tribunale di Milano.









Le accuse contestate all'uomo sono omicidio plurimo aggravato, tentato omicidio e porto abusivo di arma.



FUNERALI DI STATO PER LE VITTIME Le esequie per le vittime della sparatoria del Tribunale di Milano saranno funerali di Stato. Lo rendono noto fonti di Palazzo Chigi. Si terranno mercoledì al Duomo di Milano.



MALORE PER GIARDIELLO IN CARCERE Ha avuto un malore nel carcere di Monza, prima che iniziasse l'udienza di convalida dell'arresto, Claudio Giardiello, l'uomo che in tribunale a Milano ha ucciso tre persone. Lo ha riferito l'avvocato Nadia Savoca all'uscita del penitenziario. Il legale ha spiegato che c'è stata l'udienza di convalida ma che non c'è stato l'interrogatorio.



«Giardiello ha avuto un malore - ha detto l'avvocato - è in stato confusionale e non è in grado di riconoscere neanche il difensore. Ora sta bene e si trova nell'infermeria del carcere». L'avvocato Savoca ha poi spiegato che l'udienza di convalida dell'arresto si è tenuta alla sua presenza e che il gip Patrizia Gallucci si è riservata la decisione. Non si è invece svolto l'interrogatorio di garanzia, «che verrà successivamente espletato».



LUNEDÌ INTERROGATORIO GARANZIA Si terrà lunedì mattina alle 10 nel carcere di San Quirico di Monza l'interrogatorio di garanzia di Claudio Giardiello. Nel convalidare l'arresto dell'uomo che ha compiuto la strage nel tribunale di Milano, il gip Patrizia Gallucci ha infatti emesso un'ordinanza di custodia cautelare in carcere. Dopo l'interrogatorio di garanzia il fascicolo verrà trasmesso a Brescia, competente per le indagini sui magistrati milanesi. Dopo il malore accusato dopo l'udienza di oggi il gip ha disposto una valutazione psichiatrica su Giardiello.



IL SOPRALLUOGO: STRAGE IN 3 MINUTI Diversi sopralluoghi per studiare alla perfezione l'edificio, identificare e localizzare le proprie vittime e costruirsi una eventuali via di fuga. È quanto credono gli investigatori, convinti che Giardiello abbia ucciso le tre persone in soli 3 minuti.



Secondo il Corriere della Sera per le sue vicende giudiziarie Giardiello aveva frequentato spesso il tribunale, e ne conosceva il posto. E ci sarebbero anche dei testimoni che avrebbero riferito di aver notato l'uomo aggirarsi nel palazzo.



Superati i controlli, non con un tesserino falso di avvocato però (non ce l'aveva), avrebbe compiuto la strage in soli tre minuti. Tutto calcolato. Dopo gli spari è sceso di un piano verso la stanza del giudice Ciampi. Dopo aver freddato magistrato, Giardiello potrebbe aver preso una scala interna che poi arrivare al piano terra e confondersi tra la folla che scappava.







FU CONDANNATO A COMO NEL 2011 Claudio Giardiello, l'autore della strage al tribunale di Milano, nel giugno del 2011 era stato condannato dal tribunale di Como a otto mesi, sospesi, per il reato di «soppressione di atti». Lo scrive oggi il quotidiano La Provincia. Frequentatore abituale del Casinò di Campione d'Italia, Giardiello nel maggio 2006 si era fatto anticipare dalla cassa della casa da gioco due tranche di fiches da 20 e 10 mila euro firmando due ricevute, i cosiddetti «bianchini», e lasciando a garanzia un assegno in bianco. Secondo le accuse, Giardiello all' uscita non restituì le somme anticipate ma strappò sia l'assegno che le ricevute e se ne andò. Fu fermato nel parcheggio dai carabinieri e denunciato. Fu in quella occasione che Giardiello conobbe l'avvocato Michele Rocchetti, che lo ha assistito anche nel processo per bancarotta di Milano, salvo poi revocare il mandato in aula. Giardiello a quei tempi era ancora incensurato e non era ancora fallito. Nel processo a Como l'avvocato chiese una perizia psichiatrica sul suo assistito, allo scopo di certificare una forma di ludopatia che avrebbe potuto attenuare la condanna, ma il tribunalenon la ritenne necessaria. Giardiello venne anche condannato a risarcire per 35 mila euro il casinò, costituitosi parte civile.



LA SORELLA LEGALE UCCISO, "ANCHE IO HO PAURA" «Talvolta, è vero, abbiamo paura. A Pavia, chiunque può entrare senza cartellino. Si lavora sempre con serenità e non è mai successo niente, ma quando capita di togliere le case a delle persone, un po' di timore c'è, è innegabile». A parlare è Francesca Claris Appiani, sorella del legale ucciso al Tribunale di Milano e giudice di fallimenti al Tribunale di Pavia, che intervistata dal Corriere della Sera torna sulla sicurezza nelle aule di giustizia. «I miei genitori - racconta la donna - avevano detto a Lorenzo di non presentarsi in aula ma nessuno poteva pensare a un epilogo del genere. Lui non era tenuto a testimoniare, non avrebbe neppure deposto avvalendosi del segreto professionale, come deciso con l'Ordine degli avvocati». «Forse è stato un po' ingenuo, sicuro di agire secondo i dettami di etica e professionalità».



DAL SUCCESSO ALL'OMICIDIO Aveva sempre lavorato nel settore immobilare Claudio Giardiello, l'autore della strage di ieri al palazzo di Giustizia di Milano. Con la compravendita di immobili si era arricchito al punto da poter condurre la 'bella vita', arrivare a fondare una sua società, con una sede di prestigio non molto lontano da piazza Duomo, e a riuscire a fare affari da capogiro. E questo, fino alla metà del 2005 quando la situazione della sua Magenta Immobiliare va in picchiata fino ad arrivare al fallimento «con liquidità zero». Smette di lavorare e comincia una sorta di «stalking giudiziario» trascinando in tribunale, con ripetute cause, il nipote Davide Limongelli, e i suoi ex soci nonchè ora suoi coimputati.



È la parabola dell'immobiliarista omicida tratteggiata nelle carte dell'inchiesta che lo ha portato alla sbarra per la bancarotta della Immobiliare Magenta. Originario di Benevento, classe '58, diploma di terza media, divorziato, con una figlia, e una nuova compagna filippina, stando alle generalità date nell'ottobre di due anni fa in un verbale di un interrogatorio in cui si è avvalso, fino a qualche tempo fa era «imprenditore» e «possidente» di beni patrimoniali. A tratteggiare il successo e la caduta di Giardello è stato, tra gli altri, Walter Marazzani, nominato curatore fallimentare dopo il crac della società che l'immobiliarista aveva fondato nel 1993 e nella quale «ha sempre avuto tutti i piu' ampi poteri, tranne una breve pausa dal 26/11/2002 al 14/05/2003», in cui e' stata amministrata dal nipote (il figlio della sorella) Davide Limongelli, con il quale tempo dopo sono cominciati i dissapori fino a un vero e proprio «conflitto». Il curatore del fallimento - dichiarato nel marzo 2008, in seguito all'istanza dell'avvocato Lorenzo Claris Appiani, una delle vittime di ieri e che allora era creditore per essere stato il legale della Immobiliare in diversi contenziosi - ricostruisce il giro di affari da 'capogiro' di Giardiello, il quale, come lui stesso aveva detto sette anni fa, quando negli anni successivi al 1997 «cedette il 30 per cento al nipote», «crebbe ancora di molto». I guadagni erano alti, milionari, i soldi non mancavano per potersi togliere parecchi sfizi e, si racconta, anche qualche vizio.



E ciò grazie anche allo «schema» con cui il 57enne accusato di omicidio plurimo e le persone con cui nel tempo è diventato socio e poi coimputato, definite «la consorteria», si sarebbero spartite «il nero». Si tratta di «somme non contabilizzate» in contanti e provenienti da importanti interventi immobiliari, anche per il tramite di altre società edili di cui Giardiello aveva una quota o una partecipazione come socio occulto (alcune fallite), in via Luini, in via Washington e in via Biella. «Un giocattolo che aveva prodotto soldi facili per tutti nella totale impunita'» e che lui, il «conte Tacchia», questo e il soprannome che spunta in un allegato, a metà del 2005 decise di rompere, convinto di essere al centro «di un complotto e di aver tutti contro». «Per ragioni non chiarissime ma che presumibilmente risiedono sia nel suo crescente bisogno di denaro - prosegue la relazione -, sia nell'aver ritenuto che il suo temporaneo 'distacco' dagli affari abbia indotto gli altri soci» (il nipote chiamato «il marchesino», Giorgio Erba, Massimo D'Anzuoni e Silvio Tonani) «a sottrargli somme rilevanti» e a mettere in atto «una truffa a mio discapito e a discapito della Immobiliare Magenta» Giardello ha deciso «di agire contro tutti.



Tale aggressivita' ha prodotto plurime azioni civili e numerosi esposti denuncia in sede penale». Per il curatore questo cambiamento di «atteggiamento e' stata una delle cause del dissesto» della società, «ma non l'unica». Perchè le distrazioni di denaro dalle casse a vantaggio suo e di una delle cognate, presunti prelievi cash ingiustificati e per cifre considerevoli, mancato pagamento dell'Iva, dei fornitori a fronte di un rilevante indebitamento con le banche, sono dovute al «disprezzo e alla noncuranza per leggi e regole di Giardiello e compagnia» e all' «avidita' che lo ha reso cieco di fronte all'evidente progressivo e costante (...) depauperamento del patrimonio sociale». A cio' si aggiungono il suo «progressivo disinteresse (...) per il lavoro, il litigio con il nipote e (...) il tutti contro tutti». Quella convinzione di «essere al centro di un complotto» che ancora ieri gli ha armato la mano.
Ultimo aggiornamento: Domenica 12 Aprile 2015, 12:13
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