Incubo Ebola in Africa, l'OMS: "Migliaia di casi
in Liberia". A rischio 22 milioni di persone -Mappa

Incubo Ebola in Africa, l'OMS: "Migliaia di casi in Liberia". A rischio 22 persone in 20 paesi
OXFORD - Allarme Ebola in Africa. Nelle prossime tre settimane ci saranno migliaia di nuovi casi in Liberia.





Lo afferma l'Organizzazione mondiale della sanità nel suo ultimo report, sottolineando la necessità che i Paesi partner si preparino ad un «aumento esponenziale» dei casi di Ebola nei Paesi dove è attualmente intensa la trasmissione del virus.

Gli interventi convenzionali per il controllo dell'epidemia di Ebola, avverte l'Oms, «non stanno avendo un impatto adeguato in Liberia, sebbene sembra si stiano dimostrando efficaci in altre aree dove la diffusione del virus è limitata, come Nigeria, Senegal e Congo». L'Oms afferma dunque la necessità di maggiori aiuti internazionali: «I Paesi che stanno attualmente supportando la risposta contro Ebola in Liberia e altrove - avverte l'Organizzazione mondiale della sanità - devono prepararsi ad intensificare i loro attuali sforzi di 3-4 volte». Nella capitale Monrovia, sottolinea ancora l'Oms, «taxi stipati di intere famiglie, con membri che si pensano essere stati infettati dal virus Ebola, attraversano la città alla ricerca di un letto per il ricovero. Ma non ci sono posti liberi. Lo staff Oms in Liberia conferma che nessun letto libero per il ricovero e trattamento di Ebola è ormai disponibile nel Paese». Proprio tali mezzi ed i taxi in particolare rappresentano dunque un «potenziale mezzo di trasmissione del virus». Un'altra necessità urgente, sottolinea l'Oms, è inoltre trovare un tetto ai tanti orfani a causa dell'epidemia. La Liberia registra attualmente il più alto numero di casi e decessi: ad oggi si registrano, infatti, circa 2.000 casi ed oltre 1.000 morti.



22 MILIONI DI PERSONE A RISCHIO Ci sono almeno 22 milioni di persone in 20 paesi africani, che rischiano di contrarre l'Ebola e sviluppare un'epidemia. Lo rileva una mappa elaborata da un team di ricercatori internazionali guidati dall'università di Oxford, pubblicata sulla rivista eLife, che allarga di molto il raggio di azione del virus rispetto a quelle precedenti. Tutte le epidemie di Ebola negli anni passati hanno interessato l'Africa centrale, sottolineano gli autori, mentre nessuno aveva mai messo la Guinea, da dove è partita quella attuale, fra i paesi a rischio. Per determinare i paesi in cui sono presenti le condizioni che possono 'accendere' è un focolaio i ricercatori hanno analizzato i dati dei circa 30 casi di trasmissione da animale a uomo conosciuti, che hanno riguardato diverse specie di primati, i pipistrelli ma anche antilopi e porcospini in sette paesi. A partire dai dati di temperatura, umidità e diffusione degli animali dei casi noti sono state ricavate tutte le zone africane che potrebbero essere compatibili con la trasmissione del virus, aggiungendo così un'altra quindicina di paesi a quelli già interessati, dall'Etiopia al Madagascar passando per l'Angola. «Lo studio ha dimostrato che la popolazione che vive nelle zone a rischio è maggiore, più mobile e meglio connessa dal punto di vista internazionale rispetto al momento in cui il virus è stato osservato per la prima volta - scrivono gli esperti - la zona a rischio è quindi molto più ampia di quanto si era calcolato in passato».







RIUNIONE AD ADDIS ABEBA Riunione d'urgenza del Consiglio esecutivo dell'Unione africana sul virus Ebola. Il vertice, in corso oggi ad Addis Abeba, servirà a stabilire una strategia comune contro l'epidemia, anche tenendo conto della volontà espressa dagli Stati Uniti di una mobilitazione, con i propri mezzi militari, per arginare i danni del virus. Nell'agenda dell'Unione africana c'è il confronto sull'utilità di sospendere i voli e chiudere le frontiere dei Paesi più colpiti. Paesi che stanno facendo molti progressi contro l'epidemia e che rischiano una penalizzazione economica pesantissima da cui potrebbe essere difficilissimo rialzarsi.



IPOTESI IMMUNITA' Anche se le vittime del virus Ebola sono tante, vi sono molte persone in Africa occidentale immuni al virus. Al momento sono 1.800, ma secondo alcuni virologi potrebbero essere molte di più, dal 2% al 20% della popolazione, come spiega un'analisi dell'Università di Tulane, segnalata dal New York Times. Se queste persone potessero essere identificate, potrebbero essere di grande aiuto nel combattere l'epidemia perchè potrebbero prendersi cura dei malati e seppellire i morti, proprio come accadde con i sopravvissuti al vaiolo nei secoli passati, prima dell'avvento del vaccino. Inoltre i loro anticorpi potrebbero essere raccolti dal loro sangue per trattare i malati. «È corretto dire che alcune persone sono immuni al virus - spiega Robert Garry, dell'università di Tulane e che lavora in Sierra Leone - ma non sappiamo se ad averla sia l'1-2% o il 20% delle persone». Al momento i sopravvissuti all'attuale epidemia di ebola sono 1.800, tutti ora immuni al virus. Ma potrebbero essere molte migliaia di più. Piccoli studi sui familiari delle vittime di Ebola mostrano che alcune persone sono state infettate dal virus, pur senza ammalarsi, forse grazie ad un fattore genetico per ora sconosciuto. Vi sono anche molti africani mai entrati in contatto con una vittima di Ebola e che hanno gli anticorpi. Secondo uno dei massimi esperti del virus, il virologo Eric Leroy, dell'International Center for Medical Research di Franceville, in Gabon, «molti abitanti di villaggi rurali si sono 'vaccinatì mangiando frutta rosicchiata da pipistrelli e contaminata dalla loro saliva. Ma è solo un'ipotesi di cui non abbiamo prove». Per determinare il livello totale di immunità nell'Africa occidentale servirebbe però l'analisi del sangue di migliaia di campioni di sangue, un compito impossibile nel caos attuale. Ma «il siero Zmapp è finito - conclude Garry - ed è arrivato il momento di trovare soluzioni creative».



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Ultimo aggiornamento: Martedì 9 Settembre 2014, 09:03
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