Smart working e crisi, le donne rischiano un ritorno agli anni '50
di Maria Lombardi
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SCOMPARSE
Lo smart-working? Finora, una fregatura, per tutti: un italiano su 2 lavora di più, secondo una ricerca di Linkedin. Figuriamoci le donne. «Se si poteva sperare che gli uomini lavorando da casa comprendessero il peso delle fatiche domestiche e accettassero di condividerli di più, le prime indagini sembrano mostrare che non è successo», conclude la filosofa femminista francese Camille Froidevaux-Metterie. In pratica, più lavoro, più stress e fatica. «Un orribile ritorno alla tradizione», sentenzia la sociologa tedesca Jutta Allmendinger. Andremo indietro almeno di «tre decenni», è la sua previsione. Molto più indietro, ribatte Mona Küppers, presidente del Consiglio delle Donne tedesche, un'associazione di oltre 60 organizzazioni femminili. C'è il pericolo di ritrovarsi tutte «con i ruoli degli anni 50». Con qualche elettrodomestico in più. «Le donne con figli sono scomparse, divorate dall'emergenza, tutte hanno interrotto le terapie su Skype», Monica Letta è psicoterapeuta, docente di scuola di specializzazione dell'Aisfi. «Non hanno più il tempo di ritagliarsi un minimo spazio per sé. Il risultato: depressione e consumo di alcol in aumento».
Già prima della quarantena le donne tedesche, riporta Euronews, dedicavano ai lavori in casa un'ora e mezzo al giorno in più degli uomini. Stessa storia per le francesi, l'87,4 per cento si carica delle fatiche domestiche per almeno un'ora al giorno contro il 25% dei partner. Nelle famiglie con un solo genitore (nell'80 per cento dei casi, mamme in Europa e negli Usa) la situazione è diventata insostenibile, con scuole e asili chiusi.
Lei cucina, stira, passa l'aspirapolvere, aiuta i figli con i compiti e in più dentro casa ha l'ufficio. Ma non riesce a tenere il ritmo di prima. In Germania il 27% delle madri ha ridotto il numero delle ore di lavoro per occuparsi dei figli, lo stesso ha fatto solo il 16% dei padri, rileva una ricerca dell'Istituto di Scienze economiche e Sociali (Wsi). Sui giornali scientifici è stato notata una riduzione dei contributi femminili, rivela la rivista The Lily.
Le donne restano indietro, in molte resteranno fuori dal mondo del lavoro. Il New York Times parla di Shecession, sarà una recessione al femminile, come ha previsto C. Nicole Mason, presidente e amministratore delegato dell'Institute for Women's Policy Research.
LE DISOCCUPATE
Il 55% dei 20,5 milioni di posti perduti ad aprile negli Usa erano di lavoratrici, secondo l'Ufficio delle statistiche del lavoro. Il tasso di disoccupazione femminile è passato dal 3,1 per cento di febbraio al 15 per cento del mese scorso. Per la prima volta dal 1948 con doppie cifre. Il motivo? I settori più colpiti tempo libero, turismo, istruzione e cura - sono «in modo sproporzionato non bianchi e femminili». Spazzati via tutti i passi in avanti e anche i guadagni degli ultimi dieci anni.
E in Italia? «Si rischia un passo indietro spaventoso», sostiene Azzurra Rinaldi, docente di economia politica alla Unitelma della Sapienza. «Senza welfare aziendale e pubblico, in questa situazione si rafforza ancora di più il modello mediterraneo con le donne che si fanno carico dell'80% del lavoro di cura. Se meno donne torneranno a lavorare ci sarà una contrazione dei servizi di cura appaltati all'esterno, quasi sempre ad altre donne. Un circolo vizioso che può avere effetti esplosivi. Senza contare che altri prenderanno i posti lasciati dalle donne. Il nostro paese ha investito sulla formazione di metà della popolazione che sta lasciando indietro».
Ultimo aggiornamento: Sabato 16 Maggio 2020, 10:10
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