Al via il Festival del Carciofo Romanesco, dal 7 al 10 aprile nel cuore della città: «Tributo all'identità culinaria del territorio»

Per quattro giorni sulle tavole di oltre 20 ristoranti del quartiere ebraico e dei rioni storici di Trevi, Ripa e Campo de' Fiori si serviranno piatti tradizionali e originali a base di carciofi

Al via il Festival del Carciofo Romanesco, dal 7 al 10 aprile nel cuore della città: «Tributo all'identità culinaria del territorio»

di Redazione Web

Il carciofo, un prodotto che trasuda romanità. Ecco allora la festa della pianta più cucinata della Capitale. Giunta alla terza edizione, il Festival del Carciofo Romanesco partirà domenica 7 (fino al 10 aprile), ma l’inaugurazione con il taglio del nastro si terrà lunedì 8 aprile alle 11 a via del Portico d’Ottavia, alla presenza anche del Ministro dell'Agricoltura Francesco Lollobrigida.

Le ricette saranno quelle delle nonne, tramandate di generazione in generazione, che si amalgameranno all'inventiva degli chef. Per quattro giorni sulle tavole di oltre 20 ristoranti del quartiere ebraico e dei rioni storici di Trevi, Ripa e Campo de' Fiori si serviranno piatti tradizionali e originali a base di carciofi. Nell’edizione 2023, in 4 giorni sono stati consumati oltre 40mila carciofi.

Un festival unico nel cuore di Roma

Ogni ristorante proporrà menù ad hoc al prezzo standard di 35€ e metterà a disposizione delle degustazioni all’ingresso del quartiere ebraico. A rendere ancor più caratteristica la manifestazione ci sarà il contesto circostante che evocherà la romanità più genuina, con gli stornelli dei figli di Alvaro Amici e le esibizioni di artisti di strada.

Il Festival del Carciofo romanesco è l’unico grande evento fieristico che si svolge nel I Municipio e rende così il centro storico protagonista. A distinguere l’iniziativa da altre fiere o sagre è proprio il luogo dove partirà e dove si terrà la maggior parte dell’evento, il quartiere ebraico al centro di Roma, dove il carciofo ha trovato le sue prime ricette, per poi diventare orgoglio per i romani e attrattiva per i turisti.

Romani e turisti potranno così apprezzare i prodotti del territorio nelle loro diverse versioni: dalla vignarola con fave e asparagi, alle fettuccine sino alla pasta corta, passando per la pasta fresca ripiena; secondi come abbacchio, coratella, frittate, ma anche pesce come il baccalà, oltre ovviamente alle versioni tradizionali dei carciofi alla romana e alla giudìa.

A coronare le degustazioni i dessert, con i gelati al gusto carciofo.

Fra tradizione e salute

«Semo romani, ma romaneschi di più» è lo slogan, parafrasato dai versi del cantautore romano Lando Fiorini, che identifica il carciofo come punto di riferimento della Capitale. Il carciofo, infatti, è un prodotto del territorio laziale, e questa iniziativa è anche gemellata con la storica Sagra di Ladispoli che si tiene a metà mese, e viene così valorizzato e riscoperto, ma è anche un ingrediente fondamentale della tradizione culinaria romana e giudaico-romanesca, che ne hanno declinato l’uso in numerose ricette, celebri in tutto il mondo, grazie alle quali frotte di turisti giungono ogni giorno al Portico d'Ottavia.

Ma il carciofo è anche un alimento cardine della dieta mediterranea, base di un corretto stile di vita per preservare la salute partendo dalla prevenzione. È un ottimo depurativo per il fegato se consumato crudo, come spiegano i nutrizionisti. L'iniziativa è ideata da Confesercenti e promossa da Ministero dell'Agricoltura, della Sovranità Alimentare e delle Foreste, Regione Lazio, Centro Agroalimentare Roma, Azienda speciale Agro Camera (Camera di Commercio di Roma), Istituto di Servizi per il Mercato Agricolo Alimentare – ISMEA, ARSIAL - Regione Lazio, Comune di Roma e I Municipio, Coldiretti.

«Patrimonio culturale»

«Questo evento - spiega Lollobrigida - è un tributo all'identità culinaria del territorio romano che, oltre a celebrare il carattere unico del carciofo come simbolo delle nostre tradizioni, ci ricorda la maestria dei ristoratori nell'interpretarlo in piatti che mantengono intatto il gusto autentico che la storia ci tramanda».

In più, «promuovendo e preservando i prodotti di eccellenza, non solo favoriamo la ristorazione di qualità, ma anche un patrimonio culturale che si riflette nei sapori delle nostre tavole», conclude il ministro.


Ultimo aggiornamento: Mercoledì 3 Aprile 2024, 20:11
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