Coronavirus, il decreto. Fontana: «A Roma si sono mossi in ritardo». Veneto: «Misure sproporzionate». Asti: «Una follia»

Coronavirus, il decreto. Fontana: «A Roma si sono mossi in ritardo». Veneto: «Misure sproporzionate». Asti: «Una follia»
Lombardia chiusa, la reazione di Fontana. La bozza del Decreto del presidente del Consiglio «sembra andare nella direzione del contenimento della diffusione del virus, con misure più incisive che invitano i cittadini alla prudenza. Ma non posso non evidenziare che il testo è, a dir poco, pasticciato e necessita chiarimenti da parte del governo stesso per consentire ai cittadini di capire cosa si può fare o meno». Lo dice in un'intervista al Corriere della Sera il presidente della Regione Lombardia Attilio Fontana.

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«A Roma qualcuno non ha capito bene la situazione o quantomeno l'ha capita con un certo ritardo - spiega, prima dell'arrivo del documento -. Noi abbiamo sempre cercato di rendere chiaro il quadro, con numeri, dati scientifici e proiezioni, ma non ci hanno creduto». Anche se «ho trovato un interlocutore attento nel ministro della Salute Roberto Speranza, sempre disponibile all'ascolto così come il ministro della Difesa Lorenzo Guerini. E poi mi lasci ringraziare anche il presidente della Repubblica Sergio Mattarella, che ci ha sempre fatto sentire la sua vicinanza».

Mentre con Conte, «sono in contatto costante». Per quanto riguarda le misure restrittive, i trasporti «sono l'ultima cosa da fermare, perché significa davvero bloccare del tutto la produzione», comunque «noi non abbiamo mai mandato al governo specifiche richieste di questo o quel provvedimento, non è compito nostro». Fra gli obiettivi primari «la ricerca di posti letto in terapia intensiva, di personale sanitario, di ventilatori e di strumenti di tutela individuale come le mascherine, perché se non le compriamo noi non ce le fornisce nessuno».

Oggi «dobbiamo parlare di 359 letti occupati in terapia intensiva e dell'allarme lanciato dalla comunità dei medici che vi lavorano». Le misure restrittive, che «sono necessarie», stanno sottoponendo i lombardi a «una prova difficile. Ma so anche che supereremo questo momento se tutti quanti ci impegniamo a collaborare».

Intanto il Veneto si oppone alla creazione delle tre zone di isolamento nella regione previste dal Dpcm.
Nelle controdeduzioni inviate al Governo, il comitato tecnico scientifico di supporto all'Unità di crisi aveva chiesto
«lo stralcio delle 3 province di Padova Treviso e Venezia dal decreto». A fronte di cluster circoscritti, "e che non interessano in maniera diffusa la popolazione generale, non si comprende - è scritto nelle controdeduzioni - il razionale di una misura che appare scientificamente sproporzionata all'andamento epidemiologico".

Un decreto che spiazza anche Maurizio Rasero, sindaco di Asti.
«Una follia, un disastro che non ci aspettavamo», spiega commentando la decisione di isolare per coronavirus anche la provincia di Asti. "Questa mattina saremo di nuovo convocati in Prefettura, dopo la riunione della notte, ma non sappiamo ancora di preciso cosa accadrà. Ad ora non ci é stato spiegato il motivo di questa scelta".

Critico sulla stesura della bozza di decreto il sindaco di Pesaro, Mattia Ricci: "E' una cosa inaudita: già la situazione è difficile, non ci vuole confusione istituzionale come abbiamo visto questa sera da parte del governo. Domani saremo più chiari, ma così è complesso anche per i sindaci lavorare". Ricci ha spiegato che la bozza di decreto, "poche ore, ha cominciato a girare in maniera informale: per Pesaro-Urbino non è una zona rossa, come pareva all'inizio, ma una zona arancione di contenimento ulteriore, che riguarda la Lombardia e 11 province compresa la nostra e quella di Rimini". Dopodichè, ha rilevato Ricci, "registriamo una grande confusione: si prevede una limitazione di spostamento in entrata e in uscita dalla provincia di Pesaro-Urbino, ma ci sono molte cose non chiare".

Ultimo aggiornamento: Domenica 8 Marzo 2020, 09:57
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