È una vecchia storia, lunga più di trent’anni, quella degli studi sull’mRNA, ma è stato il Covid, la sua drammatica emergenza planetaria, a fare sperimentare per la prima volta sull’uomo i vaccini figli di questa ricerca. È per questo che il Nobel 2023 per la Medicina è stato assegnato ieri dall’Accademia di Stoccolma a Katalin Karikò e Drew Weissman, i due più tenaci scienziati che su queste carte, su questi microscopi, su queste provette hanno sudato dagli anni ’80.
«Grazie a loro milioni di vite sono state salvate e il mondo è tornato a riaprirsi – scrive l’Accademia che ha conferito ad ognuno dei due anche l’assegno di 1 milione di euro – il loro lavoro ha permesso di superare una delle peggiori minacce alla salute umana dei tempi moderni». Non solo: nei decenni a venire, potrebbero essere disponibili vaccini contro il cancro e le malattie cardiovascolari proprio grazie alla tecnologia a mRNA. La ricerca decisiva per i vaccini anti-Covid potrebbe dunque scoprirsi altrettanto fondamentale – oltre che per la risposta immunitaria ad altri virus – nelle terapie di molte malattie: riparare organi danneggiati, migliorare la circolazione sanguigna (riducendo i rischi di ischemie), combattere le patologie ereditarie, arginare la pericolosità dei tumori.
La biochimica ungherese Katalin Karikó è nata nel 1955.
Weissman, americano, è nato nel 1959. Carriera clinica in corsia e vita parallela di laboratorio fino a diventare un’autorità nel campo dei vaccini. Racconta Karikò: «Ogni anno ad ottobre mia madre mi telefonava dicendo “ho sentito alla radio che forse vinci il Nobel”. Io le rispondevo: “Ci sono tanti altri scienziati più bravi di me”. E lei: “Ma tu lavori così tanto…”».
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Ultimo aggiornamento: Martedì 3 Ottobre 2023, 06:00
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