Marica, la mamma licenzata da Ikea. Il giudice respinge il ricorso: "Non è discriminatorio"

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Arriva il no. Il giudice di Milano ha respinto il ricorso di Marica Ricutti, la mamma lavoratrice di 39 anni licenziata da Ikea che riteneva il licenziamento discriminatorio e chiedeva il reintegro e il risarcimento del danno. 

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Per il giudice che ha analizzato il ricorso, i comportamenti dell'ex dipendente sono stati «di gravità tali da ledere il rapporto fiduciario tra datore di lavoro e lavoratore e consentono l'adozione del provvedimento disciplinare espulsivo». 

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Secondo il giudice, dalle testimonianze raccolte, «emerge che la società in occasione delle variazioni dei turni decise nel giugno 2017 ha cercato di venire incontro alle esigenze della lavoratrice, sia impostando la turnistica sulla base delle emergenze» della lavoratrice stessa, «chiedendo agli altri coordinatori di rendersi flessibili al fine di poterle accogliere, sia accogliendo 15 indicazioni individuate» dalla donna «come assolutamente imprescindibili, su un totale di 17». La donna è separata e ha due figli piccoli, uno dei quali affetto da invalidità del 100% e l'Ikea ha provato «di aver regolarmente concesso negli anni di usufruire permessi ex Legge 104 per l'assistenza ai genitori e successivamente al figlio disabile, senza che ciò abbia influito minimamente» sulla carriera della dipendente che, dal 2000 l'aveva portata al 2017 ad assumere la qualifica di coordinatrice nel reparto Food.

«Il descritto percorso professionale esclude quindi che Ikea abbia assunto nei confronti» della donna «una atteggiamento discriminatorio», annota il giudice il quale descrive invece gli episodi in cui la donna si è «autodeterminata» gli orari «senza preavvertite il responsabile, pur consapevole del proprio nuovo orario, in due giornate, nella prima pur in mancanza di una esigenza familiare specifica, nella seconda, pur consapevole dei disagi già in precedenza arrecati e delle contestazioni verbali dei responsabili». «Provato e altrettanto grave» è l'episodio in cui la lavoratrice «ha deciso di fare la pausa all'ora da lei stabilita, senza neppure preavvertire il responsabile e semplicemente ha chiuso la cassa, all'ora di punta, trattandosi di reparto ristorante, senza addurre alcuna plausibile ragione».

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AZIENDA, "GIUDICE RESTITUISCE LA VERITÀ DEI FATTI" Ikea sottolinea in una nota che il Tribunale di Milano sezione Lavoro, respingendo il ricorso della lavoratrice contro il licenziamento «ha riconosciuto la gravità dei comportamenti tenuti da Marica Ricutti e, conseguentemente, ha confermato la legittimità della decisione di Ikea di interrompere il rapporto lavorativo». L'avvocato di Ikea, Luca Failla, spiega che «la decisione, confermata dai testimoni che sono stati ascoltati durante il procedimento, restituisce la verità dei fatti a una vicenda che in questi mesi è stata interpretata in maniera strumentale e di parte, diffondendo tra l'opinione pubblica un'immagine di Ikea che non corrisponde ai valori che esprime nel suo impegno quotidiano verso clienti, dipendenti e fornitori».

LEGALE, "ACCERTATI GRAVI FATTI ALLA BASE DEL LICENZIAMENTO" La decisione del Tribunale di Milano di rigettare il ricorso di Marica Ricutti contro il licenziamento da Ikea «non è una sopresa. Si tratta di un risultato nel quale abbiamo creduto tutti sin dall'inizio». Così all'Adnkronos l'avvocato Luca Failla, legale di Ikea, commentando il provvedimento. «Il giudice ha seguito tutta l'impostazione ed è stata fatta una istruttoria approfondita. Dunque sono state sentite testimonianze e all'esito di questo è stata esclusa ogni discriminatorietà del comportamento di Ikea» evidenzia Failla. «Dunque il giudice - sottolinea - ha escluso ogni discriminazione a carico della società e sono stati accertati i gravi fatti che erano alla base della lettera di contestazione. Comportamenti gravi e reiterati che il giudice ha valutato come seri e dunque ha ritenuto che il licenziamento fosse proporzionale rispetto ai fatti». «Gli episodi contestati non attengono in alcun modo a giornate in cui veniva in discussione l'esigenza del bambino. È stato escluso che in quei giorni in cui la persona si è determinata con orari non in linea con quelli di lavoro fossero giustificati da esigenze di cura del bambino» conclude l'avvocato Failla.
 
Ultimo aggiornamento: Martedì 3 Aprile 2018, 21:32
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