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A raccontare la drammatica vicenda è la figlia di Sheila, la 39enne Elizabeth. Come riporta Wales Online, tutto era iniziato mentre Sheila stava organizzando il funerale di sua madre, la nonna di Elizabeth: era il 2017 e la donna aveva accusato formicolii e scarsa sensibilità prima ai piedi e poi alle gambe e alle braccia. Col passare delle ore, quel fastidio si era trasformato in dolore e la donna non riusciva neanche a stare in piedi, così fu portata in ospedale. I medici, che avevano scelto di ricoverarla immediatamente in terapia intensiva, non erano riusciti subito a fare una diagnosi corretta, ma avevano sospettato che Sheila avesse una malattia autoimmune, la sindrome di Guillain-Barre, in grado di colpire duramente le cellule del sistema nervoso periferico.
«In quel periodo la nostra vita è stata improvvisamente messa sottosopra. Temevamo che mia madre potesse morire e i medici non erano in grado di fornirci risposte certe» - racconta Elizabeth a distanza di oltre due anni - «I pazienti reagiscono in modo molto diverso tra loro, quindi vivevamo nel terrore dell'incertezza».
Sei settimane dopo, Sheila era uscita dal coma ed aveva iniziato a mostrare piccoli progressi, ma la situazione tornò a peggiorare in poco tempo. Durante la convalescenza, la donna fu colta da un infarto e i medici furono costretti a ricorrere ad un pacemaker. Il lavoro dello staff ospedaliero fu però di altissimo livello, come ricorda la figlia di Sheila: «Medici e infermieri hanno fatto del loro meglio per aiutare mia madre, che alla fine è guarita e dopo tanto tempo è riuscita anche a camminare di nuovo. Ora è tornata ad avere una vita normale, dopo tanti anni di difficoltà, ed oggi può finalmente godersi la famiglia ed i viaggi. Insieme a mio padre, negli ultimi mesi è stata in Canada e a Trinidad & Tobago».
Ultimo aggiornamento: Martedì 4 Febbraio 2020, 17:25
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