Coronavirus, Boris Johnson curato da un medico italiano: Luigi Camporota, 50 anni, è calabrese

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Il premier britannico Boris Johnson è ricoverato al St.Thomas Hospital di Londra per coronavirus, e tra i medici che lo curano, c'è anche un italiano: lui si chiama Luigi Camporota, ha origini calabresi e fa parte dell'équipe di terapia intensiva dell'ospedale londinese in cui è ricoverato Johnson, dopo essere stato contagiato dal Covid-19. «Per noi tutti i pazienti sono importanti», le parole del professore all'agenzia Adnkronos Salte. Sono tutti Boris? «Sì. Ne abbiamo tanti, anche pazienti giovani». 

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Camporota, 50 anni, ogni volta che non può rispondere si trincera dietro una composta risata. «Non posso parlare di questo», ripete quando gli si chiede delle condizioni di salute del Primo Ministro del Regno Unito. Anche quando si prova a fargli notare che il primo ministro che passerà alla storia per la Brexit è seguito da un'équipe ricca di specialisti non britannici. Anzi alla domanda se è cambiato qualcosa con il concretizzarsi del progetto di uscita dall'Ue, la replica è: «Per me personalmente non è cambiato nulla».

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Il camice bianco italiano in effetti ha messo radici nel Regno Unito e ha anche una «moglie inglese». Super esperto di terapia intensiva e di Ecmo, cioè quella macchina che supporta le funzioni vitali, il Regno Unito è ormai la sua casa. «Sono qui al momento», puntualizza. In realtà è in Gran Bretagna «da 23 anni - ammette - e qui si è svolta la maggior parte della mia carriera, tra Oxford prima e Londra adesso». Tanto che la procedura che molti italiani hanno dovuto seguire per restare, «in realtà a me non si applica», dice. «Se sono come un cittadino inglese? Più o meno», sorride.

 


Nato a Catanzaro, Camporota precisa che «alcune informazioni circolate al mio riguardo non erano del tutto rispondenti al vero. Ho studiato a Catanzaro», quando l'università di medicina dipendeva da Reggio Calabria, «ma solo per una prima parte. Poi mi sono mosso e sono andato a Southampton». Camporota si occupa pazienti critici. «È un lavoro che dà soddisfazioni», spiega, in grado di fare la differenza fra la vita e la morte.

Quanto all'ondata di casi di Covid-19 che ha colpito l'Europa e il mondo, Camporota, che ha avuto modo di affrontare l'argomento in vari incontri fra specialisti evidenziando fra le altre cose la caratteristica della lunga durata della fase critica, definisce «positivo il lavoro di équipe incredibile che si sta facendo qui. Si lavora al massimo, e bene. Si lavora insieme in maniera eccezionale e va dato credito al sistema sanitario per questo». Con l'Italia resta un legame. «Torno qualche volta, non spesso - ammette - Sono in contatto con tanti professori italiani molto bravi che mi tengono aggiornato. Da alcuni di loro ho imparato molto».

 


CHI È CAMPOROTA. IL PROF PELAIA: "UNO DEI MIGLIORI STUDENTI" «Uno dei nostri migliori studenti, medici specializzandi e specialistici che io abbia mai conosciuto e seguito, di una preparazione medico-scientifica e di una disponibilità professionale e umana di altissimo profilo». A dirlo all'AdnKronos, parlando di Luigi Camporota, è Girolamo Pelaia, Professore ordinario di Malattie dell'apparato respiratorio all'Università «Magna Grecia» di Catanzaro, Direttore dell'Unità Operativa Complessa di malattie dell'apparato respiratorio e della Scuola di specializzazione.

«Il Prof. Camporota - racconta all'AdnKronos - da studente frequentava qui a Catanzaro la Facoltà di Medicina, che allora era compresa nell'Università di Reggio Calabria. Frequentava il corso di Malattie dell'apparato respiratorio, svolto dal Prof. Marsico, uno dei più grandi pneumologi italiani e nostro comune maestro. Io allora ero un giovane medico e il professor Marsico mi assegnò Camporota come tutorato, per cui insieme al Prof. Marsico lo abbiamo seguito nella tesi di laurea e poi nella tesi di specializzazione, dove nel frattempo al Prof. Marsico è subentrato il Prof. Tranfa. In quegli anni gli sono sempre stato molto vicino, e proprio mentre il Prof. Camporota era specializzando sotto la direzione del Prof. Tranfa, e io ero il suo tutor, mi ha manifestato la volontà, il desiderio di andare a studiare e lavorare in Inghilterra. E così l'ho messo in contatto con un mio amico, il Professor Ratko Djukanovic, che allora lavorava all'Università di Southampton».

Camporota, prosegue il Prof. Pelaia, «studente, ripeto, eccellente, preparatissimo, molto garbato anche da un punto di vista umano, davvero eccezionale, avviato da me è andato a lavorare in Inghilterra. Pensi che quando mi capitava di incontrare, nei vari congressi, il professor Djukanovic, me ne parlava benissimo dicendo che era un giovane medico bravissimo. Poi da Southampton, quello che è stato uno dei migliori studenti avuti qui alla Magna Grecia, si è trasferito a Londra, con grande dispiacere del Prof. Djukanovic che lo stimava tantissimo, e lì ha costruito la sua strada andando a lavorare al Guy's & St Thomas Hospital. Con vari ruoli, giovane medico, ricercatore, professore, a parte un'esperienza fatta negli Stati Uniti, io sono sempre stato qui a Catanzaro, e questo mi ha dato la possibilità di seguirlo, di stargli vicino e di coltivare con lui un ottimo rapporto, e continuiamo a mantenere una solidissima amicizia».

Fra «l'altro - aggiunge il Prof. Pelaia -, Camporota continua ad avere con l'università di Catanzaro un rapporto veramente bellissimo. Quando sono subentrato alla Direzione della Scuola di specializzazione, ho avviato ad un periodo di formazione da Camporota a Londra una mia ex laureanda, medico, specializzando e oggi specialista, la dottoressa Calderazzo, che adesso lavora all'ospedale di Lamezia Terme. E proprio la dottoressa Calderazzo ha trascorso un lungo soggiorno alcuni anni fa a Londra dal Prof. Camporota e mi ha sempre riferito della grandissima accoglienza e benevolenza che le ha riservato durante il suo soggiorno in quell'intenso periodo formativo di altissimo profilo medico-scientifico».

Se «anche il Prof. Camporota da tantissimi anni lavora in Inghilterra - conclude il Prof.
Pelaia -, ha sempre mantenuto molto forte e solido il legame con la sua città. Ci siamo ovviamente frequentati anche al di fuori dell'ambiente universitario, ricordo ancora la cena della sua laurea alla quale ci invitò, era il 1995. Ovviamente ora ci vediamo molto di meno, le rare volte che viene a Catanzaro, ma il legame professionale e umano con Camporota, persone di eccezionale profilo medico e umano, è sempre rimasto solidissimo». 

Ultimo aggiornamento: Giovedì 9 Aprile 2020, 01:13
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