Italrugby in crisi, Bergamasco e Lo Cicero in coro: «È ora di voltare pagina, così il movimento azzurro deve cambiare»

Italrugby in crisi, Bergamasco e Lo Cicero in coro: «È ora di voltare pagina, così il movimento azzurro deve cambiare»

di Daniele Petroselli

Col Galles allo stadio Olimpico sabato scorso l’Italrugby ha rimediato la 31esima sconfitta di fila nel Sei Nazioni. Una striscia negativa che sembra non finire mai e che si porta dietro mille polemiche, soprattutto oltremanica, dove da tempo è partita una campagna per escludere l’Italia dal torneo o quantomeno aprire a uno spareggio con la vincitrice del Rugby Europe Championship, per molti il Sei Nazioni B.

Ma cosa c’è dietro questo fallimento del rugby italiano? «E' facile parlare di una singola partita, ma il problema è ben più profondo – ammette un grande ex come Mauro Bergamasco, 106 volte internazionale per l'Italia dal 1998 al 2015 e che ha preso parte a cinque edizioni della Coppa del Mondo di rugby -. Questa serie di risultati sono frutto di una mancanza di programmazione negli ultimi 20-30 anni. I ragazzi che vanno in campo oggi non sono scarsi, ma quello che riescono a ottenere di positivo lo ottengono solo grazie al loro lavoro e non grazie a un sistema. Non è frutto di una programmazione a medio-lungo termine. Quando l'Italia fa bene è perché i giocatori fanno bene, raggiungono un livello tale di gioco che insieme, anche grazie alle motivazioni, riescono a ottenere una performance importante. A volte si ricordano i risultati del 2006-2007, ma anche di altre stagioni che sono seguite, ma non si ricorda che erano in tanti a giocare all'estero. E poche in cui per trovare un posto bisognava davvero sgomitare».

«Sono stato criticato ma oggi tutto quello che io dicevo è venuto a galla – gli fa eco un altro ex azzurro come il pilone Andrea Lo Cicero, 103 caps con l’Italrugby -. Purtroppo è un sistema che ha fatto tanti danni, perché non è stato in grado di portare a casa un’organizzazione migliore e una pianificazione capace di tracciare una via chiara. Mi auguro che con un nuovo staff si possa cominciare a fare un percorso diverso. Mi piacerebbe che giocatori che hanno fatto la storia della Nazionale vengano coinvolti in questo nuovo percorso, perché possono ancora dare tanto al rugby azzurro in termini di conoscenze e capacità».

Mauro Bergamasco poi prova ad andare in profondità al problema, mettendo nel mirino la selezione dei giovani rugbisti: «Una volta le opportunità nello sport erano date a tutti e le eccellenze potevano emergere ed esprimersi al meglio. Poi abbiamo voluto cercare subito i talenti da piccoli e ci siamo specializzati. Ma il problema è che molti poi non riescono ad evolvere e ad arrivare all'alto livello e abbiamo lasciato perdere tanti altri che potevano maturare e diventare importanti. Il rugby ha lasciato al caso tante opportunità. E così abbiamo perso 50 anni. Ora bisogna riprendere a programmare, abbiamo le opportunità per farlo ma a medio-lungo termine. Bisogna costruire un movimento che possa accompagnare la crescita delle persone verso l'alto livello e non farglielo scoprire a vent'anni.

E poi forgiare caratterialmente questi ragazzi e ragazze».

Mentre Lo Cicero punta il dito sulla precedente gestione del rugby italiano: «Abbiamo una Ferrari con un motore di una 500. Abbiamo giocatori forti, che giocano anche a livello internazionale, che danno il massimo ma la Federazione non ha mai creato i presupposti per rimanere ad alti livelli. La verità fa male, ma è questa. Nella disgrazia del Covid, la Nazionale è stata fortunata, perché allo stadio, visti i risultati, sarebbero andate al massimo 5mila persone paganti. Quindi basta nascondersi, ci sono dei colpevoli per questa situazione e non sono i ragazzi in campo e lo staff tecnico. E’ ora di cambiare pagina».

Italia che proprio sabato scorso ha visto un cambio al vertice della federazione con la fine dell’era Gavazzi e l’elezione di Marzio Innocenti, ex azzurro e per anni tecnico e dirigente federale. E il fatto di aver vissuto sul campo il rugby, secondo Bergamasco, può essere sicuramente un punto a vantaggio del nuovo numero uno del rugby azzurro: «Essendo stato anche io atleta, posso dire che quando hai certe esperienze si ha anche la capacità di portarle agli altri. E questi sono i presupposti migliori per lavorare. Innocenti poi ha un programma importante, che si rivolge molto al livello di base, con un occhio ovviamente a quello di alto livello. C'è bisogno di programmare e capire le priorità. Oggi credo ci debba esserci più che un'attenzione al livello tattico a quello della figura dell'educatore, soprattutto nel rugby di base».

Mentre Lo Cicero spera in un maggior coinvolgimento delle scuole per lo sviluppo di un percorso nuovo: «Sia a Conte che a Draghi ho mandato un messaggio chiaro, di scegliere come ministro dello sport un ex atleta, che può conoscere a fondo il nostro mondo. Ora c’è come sottosegretario Valentina Vezzali ed è stato un passaggio importante. Mi auguro che lo Sport per il governo sia qualcosa d’importante. Può lavorare con più settori come il garante dell’infanzia, con il turismo, portare alla creazione di centri di formazione per i giovani, ma soprattutto con la scuola. Andrebbero creati programmi specifici per i ragazzi, andrebbe creato un modello che permetta di coniugare studio e sport come succede in altre nazioni. In Francia per esempio è normalità da anni e funzionano».


Ultimo aggiornamento: Mercoledì 17 Marzo 2021, 19:18
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