Fabio Vitale, Tribù su SkyTg24: «Le promesse mancate dei politici generano sfiducia. Ci vogliono i fatti»

Fabio Vitale, Tribù su SkyTg24: «Le promesse mancate dei politici generano sfiducia. Ci vogliono i fatti»

di Marco Castoro
Fabio Vitale dal 2019 conduce l’edizione delle 20 del telegiornale di Sky. È stato tra i giornalisti che hanno condotto Sky a casa, l’edizione del tiggì all news interamente realizzata dalla propria abitazione durante il lockdown. Ha condotto Il Confronto per le Primarie del Pd nel 2017 e nel 2019 e da domani sera alle 20:30 è alla guida del nuovo programma Tribù che ci porterà fino alle elezioni.

Fabio, come ti sei appassionato alla politica?
«La politica mi ha sempre affascinato. I retroscena, il confronto e lo scontro tra i leader, l’ascesa e la caduta di molti protagonisti. L’aspetto più elettrizzante di chi fa il mio lavoro è ovviamente raccontare le crisi di governo, il periodo che precede le elezioni, gli speciali sul post-voto o sulla fase di formazione di un nuovo esecutivo. L’instabilità politica di questi ultimi dieci anni ci ha tenuto allenati nella cronaca e nell’approfondimento di questi temi».

Il tuo nuovo programma cosa ha di diverso dagli altri?
«Per Tribù si tratta di un ritorno. Il format era nato a ridosso delle ultime elezioni europee ed aveva l’obiettivo di raccontare le tribù che popolavano il Vecchio continente, diviso tra europeisti e sovranisti, pro-euro e anti-euro. La sfida di oggi è raccontare in modo dinamico – saranno circa 20 minuti - ogni sera, dal lunedì al venerdì in diretta poco dopo le 20:30, la marcia di avvicinamento al voto per le regionali e per il referendum sul taglio del numero dei parlamentari e gli sviluppi dell’emergenza legata al coronavirus. Su questi temi, con ospiti e collegamenti, daremo voce a tutte le tribù».

Secondo te la politica fa ancora breccia sugli italiani o sono sfiduciati?
«Penso che adesso la politica, in questo momento di emergenza su più livelli, debba dimostrare di essere all’altezza del progetto di ripartenza che promette di voler attuare. L’anti-politica si nutre delle promesse mancate della politica degli ultimi anni. Credo che i partiti di maggioranza e opposizione e i loro leader abbiano chiaro che per riconquistare quella fiducia persa dovranno tradurre le parole in fatti».

Come finirà il referendum?
«Non so se prevarrà il sì o il no. Penso però che in entrambi i casi questo passaggio lascerà una traccia importante per il prosieguo della legislatura e negli equilibri in parlamento».

Mi racconti l’inseguimento a Grillo quando volevi intervistarlo?
«Ho seguito il Movimento sin dagli inizi. Nel corso della campagna elettorale per le Politiche del 2013 ero riuscito a strappare a Grillo un sì ad un’intervista one to one. Io sarei stato in studio a Roma e lui in collegamento dal suo camper in una piazza di Genova prima del suo intervento sul palco. Lui stesso aveva annunciato di voler rompere il silenzio e di aver accettato l’invito di Sky TG24. Poi la sera prima mi chiamò e mi disse che ci aveva ripensato. Andai quindi subito a Genova chiedendo conto delle ragioni del suo dietrofront. In un lungo speciale mostrammo anche le domande che gli avremmo rivolto, poi lo raggiunsi all’uscita dal camper chiedendogli il motivo del suo ripensamento ma davanti alle telecamere non rispose nemmeno a quell’interrogativo».

Ci sei riuscito?
«Ci sono riuscito un anno dopo, nel 2014, prima delle Elezioni europee. L’ho intervistato in diretta e in esclusiva per un’ora in prima serata. È stato molto disponibile, si è parlato di tutto. C’è stato anche qualche momento di tensione ma alla fine è andata bene, è stata un’occasione per capire meglio le strategie dei cinque stelle e del loro leader».

Perché oggi si fanno sempre meno faccia a faccia in tv?
«Da qualche tempo i politici hanno concentrato la loro comunicazione su video registrati o dirette sui social, riducendo il tempo concesso a rispondere alle domande dei giornalisti. Lo stesso vale per i faccia a faccia in tv. Sky è da sempre la casa dei confronti perché crediamo nell’importanza di offrire al pubblico l’occasione di farsi un’idea attraverso appunto il confronto di progetti e visioni diverse. La nostra disponibilità c’è sempre, adesso tocca a loro».
                                                                                    
Perché i politici rifiutano i palcoscenici dove non sanno a quali domande e argomenti dovranno rispondere?
«Chiedere le domande a un giornalista prima di un’intervista è un’evidente dimostrazione di debolezza, la stessa debolezza che un giornalista non deve mostrare cedendo a queste richieste. Lo spessore dei leader e dei politici in genere, ma anche di noi giornalisti, passa anche da questi comportamenti».
Ultimo aggiornamento: Domenica 6 Settembre 2020, 12:14
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