Il Nobel a Bob Dylan, poeta e menestrello. Il plauso di Obama e De Gregori
È la prima volta per un cantautore. E che sia folk, rock o pop poco importa. Perché nessuno ha contribuito più di Dylan a elevare il contenuto letterario di un testo in una forma espressiva eminentemente popolare. E nessuno come lui si è accanito contro il suo stesso mito, divertendosi a spiazzare pubblico e critica con scelte sorprendenti. Come la famigerata svolta elettrica dei 60’s, che, di fatto, inventò il folk-rock. O come la scelta di stravolgere costantemente il suo repertorio, per avvolgere nell’enigma il suo Never Ending Tour. Bon Dylan è un gigante della cultura degli ultimi cinquant’anni, ormai stabilmente accreditato nelle accademie e nelle istituzioni americane.
Non a caso, uno dei primi a felicitarsi con lui è stato il presidente Barack Obama: «Congratulazioni a uno dei miei poeti preferiti per un Nobel ben meritato». E il suo miglior discepolo italiano, Francesco De Gregori, ha per una volta riposto nella fondina la sua polemica sulle distinzioni tra canzone e poesia: «Vorrei dire non è mai troppo tardi - ha esultato - Non è solo un premio al più grande scrittore di canzoni di tutti i tempi ma anche il riconoscimento definitivo che le canzoni fanno parte a pieno titolo della letteratura di oggi».
Le sue canzoni, del resto, hanno raccontato tutto: dal rifiuto della guerra, suggellato dalla storica Blowin’ In The Wind, al misticismo di Knocking On Heaven’s Door, fino alle crisi di identità e alle contraddizioni dell’uomo contemporaneo. Ma il Nobel a Dylan non può non evocare un’altra sua hit, The Times They Are a Changin’. I tempi stanno cambiando. Anche nelle algide stanze dell’Accademia Svedese.
Ultimo aggiornamento: Venerdì 14 Ottobre 2016, 08:41