Ruffini: «Il mio Ragazzaccio? Un film su bulli e vittime, tutti danneggiati dal lockdown»

Ruffini: «Il mio Ragazzaccio? Un film su bulli e vittime, tutti danneggiati dal lockdown»

di Paolo Travisi

Il bullismo visto da dentro. Vissuto da un Ragazzaccio, titolo del nuovo film di Paolo Ruffini, nelle sale da oggi, che racconta la storia di un adolescente, Mattia, nel momento più duro della storia recente: il lockdown. Quando si è reagito all’isolamento sociale con l’iperconnessione e i ragazzi ne hanno subito le conseguenze più forti. Il bullo ancora più bullo, il bullizzato sempre più vittima, eppure la linea che unisce i due è sempre più evidente, come racconta bene Ruffini, con l’aiuto di un cast importante: Massimo Ghini e Sabrina Impacciatore, i genitori del ragazzaccio (Alessandro Bisegna) e Giuseppe Fiorello, il prof illuminato.
Un film girato durante il lockdown. Perché?
«L’ho scritto a marzo 2020 e girato lo scorso anno, pensando che molti autori volessero fare un film sul Covid, e invece non ce ne sono. Ho voluto raccontare quel momento, quel castigo forzato per molti ragazzi, che hanno subito danni psicologici, e le conseguenze stanno iniziando a vedersi ora».
Il protagonista che realtà vede?
«Le bare di Bergamo, il Papa da solo a San Pietro sono immagini che hanno segnato una generazione, ma in realtà il film racconta di un adolescente fragile, con una mamma e un padre normali, con difficoltà di comunicazione e un po’ anaffettivi, una famiglia tipica».
Come ci si avvicina al mondo adolescenziale, difficile da comprendere quando si diventa grandi?
«Ho intervistato ragazzi del liceo, ho chiesto loro delle opinioni e li ho trovati spaesati da un mondo adulto devastato. Parliamo con ipocrisia di inclusione, quando il sistema pedagogico italiano si regge sul “ti butto fuori”. Questa non è esclusione?».
I social che ruolo hanno su questa generazione?
«Sono una generazione asociale e prosocial, che pensa in verticale, come le foto su Instagram. Il lockdown li ha portati a una diversa idea del contatto, ha acuito la loro solitudine e aggressività, ma non bisogna drammatizzare».
Cos’è per lei il bullismo?
«Il mio film non crede alla cattiveria, ma a ragazzi che si comportano male perché hanno deficit affettivi.

Il bullo va gestito in modo intelligente, senza il linciaggio, ma capendo il fenomeno dannoso che c’è dietro, spesso invisibile, il mondo virtuale».


Ultimo aggiornamento: Mercoledì 2 Novembre 2022, 20:40
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