Salone dello studente, Erasmus+ a gonfie vele: "Più forti di Covid e Brexit. E le donne viaggiano più degli uomini"

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di Valeria Arnaldi

Circa 40mila, ogni anno. Sono gli universitari italiani (tra studenti e docenti) che si mettono in viaggio con il programma Erasmus+. E 10mila sono invece gli studenti e gli insegnanti che partono direttamente dalla scuola (dalla materna alle superiori). Perché da quando è nato, nel 1987, il progetto si è decisamente ampliato e oggi vanta un’offerta che spazia tra opportunità sia per bambini che per adulti. 


ATENEI AL TOP. L’università, (anche per tradizione) rimane comunque l’ambito con il maggior numero di adesioni: oltre 600mila gli studenti universitari italiani coinvolti nel programma dal suo inizio e il 42,4% degli scambi è stato finanziato dal 2014 al 2020. «Quando l’Erasmus è stato avviato - spiega Rosa Pagliai, coordinatrice Agenzia nazionale Erasmus+ Indire - erano poche migliaia di studenti a spostarsi verso altri atenei, oggi che compie trentacinque anni di storia e attività, il programma offre occasioni di viaggio per tutto l’arco della vita, partendo dal presupposto, che è alla base della filosofia europea, secondo cui l’apprendimento non finisce mai. La gran parte, però, viene dagli atenei». 
NON SOLO EUROPA. Si amplia il pubblico e cambia anche la geografia .«La formazione non riguarda soltanto l’Europa, ma si estende ai paesi extraeuropei, insomma al resto del mondo - prosegue - le mete più ambite dagli universitari italiani sono comunque la Spagna, anche per maggiore facilità nell’apprendimento della lingua, la Francia, la Germania, il Portogallo. Ci sono molti partenti pure per il Nord Europa, tra Svezia e Danimarca. E c’è chi va in Grecia, in Turchia, a Cipro». 


OLTRE LA BREXIT. A influire sulle rotte è stata anche la Brexit. «La Gran Bretagna, in passato, era una delle mete predilette dagli italiani, i numeri delle partenze erano molto alti, oggi le cifre si sono sensibilmente ridimensionate. Una destinazione diventata extra Ue, con meno fondi disponibili. Quindi la partecipazione è minore». Nessun problema per chi vuole perfezionare la conoscenza dell’inglese. «Si fa bene anche in altri Paesi - afferma Pagliai - E comunque, molti adesso partono per andare a imparare altre lingue». 
OLTRE LA PANDEMIA La Gran Bretagna non è stata “sostituita” da una meta specifica. «Coloro che l’avrebbero scelta, si sono distribuiti uniformemente, con predilezione per le destinazioni europee. Erasmus+ non ha conosciuto battute d’arresto neppure con la pandemia». 
IL BUDGET. Per il periodo 2014-2020, era pari a 14,7 miliardi, ma per il 2021-2027 i fondi disponibili sono quasi raddoppiati, arrivando a 26,2 miliardi. «Il 56% del budget per le partenze 2022 è andato a Lombardia, Lazio, Emilia-Romagna, Veneto e Campania - conclude Rosa Pagliai -. Il programma ha mantenuto ben viva la partecipazione durante la pandemia». 
DONNE. «L’Erasmus è donna», dicono all’Agenzia nazionale Erasmus+ Indire. Le statistiche del resto sono chiarissime, specie in ambito universitario, dove il 60% delle partenze sono ragazze e donne, sia tra studenti che tra insegnanti.


Ultimo aggiornamento: Mercoledì 18 Ottobre 2023, 08:36
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