Era la diva che avevamo sempre sognato, Sandra Milo, solo che stavolta era italiana, non più straniera: bionda, morbida, burrosa. Sexy e ingenua, allusiva e svampita, carnale ed eterea. Vittima, forse, della sua stessa icona, di quella vita dolce nelle notti brave e amara tra le mura di casa, paparazzi e mariti maneschi, amori impossibili ma buoni per scandali da copertina. Eppure, padrona della propria vita, spesso spericolata. Morta ieri, a due mesi dai 91 anni, camera ardente oggi in Campidoglio, funerali domani nella Chiesa degli Artisti. Cresciuta poverissima, tra la morte e la fame della guerra, il sogno della mannequin, la fuga a Milano. E il cinema che la fagocita a Roma, fior d’autori (Rossellini, Pietrangeli, Zampa, Risi, Salce, Avati fino a Salvatores e Muccino) ma su tutti il “suo” Federico, Fellini, di cui diventa musa e amante con Giulietta (Masina) che s’adontava più del primo che del secondo ruolo della rivale. Un amore lungo 17 anni ma, nel cuore, in eterno.