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Tra gli asintomatici, dice ancora il virologo, «i più pericolosi sono quelli che non hanno sintomi ma stanno incubando la malattia.
E sono i più inquietanti perché sono sicuramente infettivi», mentre i debolmente positivi, quelli che hanno fatto il coronavirus in passato, «alcuni studi ci dicono che non sono più contagiosi, anche se il tampone è positivo, ma ci sono anche lì delle eccezioni. Inoltre, l'Oms ci dice che dopo circa 13 giorni dalla malattia non si dovrebbe essere più infettivi. Può darsi. Ma, in attesa di altre conferme, dobbiamo essere il più possibile protettivi». «Questa malattia è multiforme - continua -. All'inizio abbiamo visto i casi più gravi e gli asintomatici non li abbiamo rilevati perché non potevamo permettercelo. Ora si fanno anche molti test sierologici che fanno scoprire una quota parte dei positivi che però non sappiamo se hanno finito il ciclo di malattia. Il virus c'è ancora, ma con le misure di contenimento circola meno e quindi vediamo pochi casi. È la legge dei grandi numeri: su pochi malati, ci scappa quello grave ma la gran parte è formata da casi banali che prima non vedevamo. Dobbiamo evitare - conclude -, con il nostro comportamento responsabile e con il lavoro di tracciamento, che i focolai crescano e che il virus riprenda forza».
Ultimo aggiornamento: Sabato 27 Giugno 2020, 15:55
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