Vertice Renzi-Orfini, Marino a un passo dalle dimissioni

Vertice Renzi-Orfini, Marino a un passo dalle dimissioni

di Franco Pasqualetti
ROMA - È rimasto solo, anche nel suo stesso partito. La maggioranza Pd non è più pronta a difendere Ignazio Marino e anche Matteo Orfini lo ha scaricato. Ci sarebbe stata anche un vertice dai toni tesi tra il premier Renzi e il presidente dem, accusato di aver voluto sostenere a tutti i costi il sindaco di Roma. Marino si ritrova sull'orlo del baratro, l'unico passo possibile, e forse imminente, è quello indietro: l'ipotesi dimissioni nella stessa giornata di oggi è molto accreditata al nazareno.



Anche la giornata di ieri è iniziata presto. Alle 6.45 per la precisione. Ignazio Marino ha incontrato di buon’ora il commissario del Pd romano Matteo Orfini: un vertice segreto per parlare del caso spese del Campidoglio.





Una giornata iniziata presto. Alle 6.45 per la precisione. Ignazio Marino ha incontrato di buon’ora il commissario del Pd romano Matteo Orfini: un vertice segreto per parlare del caso spese del Campidoglio.

Il chirurgo dem, travolto dalle polemiche per i conti della carta di credito del Campidoglio (aperta un’inchiesta della Procura per valutare eventuali abusi), si è messo nelle mani per presidente del partito: «Cosa devo fare? Dimettermi», avrebbe detto. La risposta è stata laconica: «Al momento no, valutiamo la situazione». L’ordine di scuderia, però, era massimo silenzio fino alla telefonata con Renzi. E così è stato: Marino si è chiuso nella sua stanza e non ha aperto bocca. Fuori, però, impazzavano le polemiche: da Grillo a Salvini era un coro unanime che invitava il primo cittadino a dimettersi.







Nel tardo pomeriggio Orfini, con l’abilità di un prestigiatore, ha tirato fuori il cilindro dal cappello: ha invitato Marino a pagare le spese e a riconsegnare la carta di credito del Comune. «In questi due anni ho speso con la carta di credito messa a mia disposizione dal Comune meno di 20.000 euro per rappresentanza, e li ho spesi nell'interesse della città. È di questo che mi si accusa? Bene, ho deciso di regalarli tutti di tasca mia a Roma e di non avere più una carta di credito del Comune a mio nome. Ho già dato mandato alla Ragioneria di calcolare al centesimo le spese di rappresentanza pagate con la carta di credito e domattina (oggi, ndr) staccherò l'assegno per l'intera cifra».



Nella cifra sono compresi, ha precisato il sindaco «quei 3.540 euro investiti nella cena con il mecenate Usmanov, arrivata alla fine di una serie di incontri che hanno portato nelle casse del Campidoglio due milioni di euro: è grazie a quelle risorse che stiamo restaurando, tra l'altro, la fontana del Quirinale.
La mia decisione mette un punto, e adesso basta polemiche. Dato che alcuni hanno deciso di investire la Procura di questa vicenda, saranno i magistrati a ristabilire la verità». E i magistrati sono già in azione: nell’occhio del ciclone ci sarebbero 6 strisciate cui il Campidoglio non riesce a dare un giustificativo plausibile.

Ultimo aggiornamento: Giovedì 8 Ottobre 2015, 10:28