Direzione Pd, vince Renzi: "Riforme senza tabù.
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Direzione Pd, vince Renzi: "Riforme senza tabù. Via l'art. 18". Ma il partito si divide

di Alessandra Severini
ROMA - Centrotrenta voti favorevoli, 11 astenuti e 20 contrari. Passa a larga maggioranza nella direzione Pd l’ordine del giorno che prevede l’applicazione dell’art.18 solo per i licenziamenti discriminatori e disciplinari.





Quando la sala del Nazareno si svuota, dopo ore di scontro durissimo, si ha l’impressione che la storia del più grande partito della sinistra italiana sia cambiata per sempre. Il premier ottiene il sì alla sua linea, ogni tentativo di mediazione è fallito.

Ma a votare contro la riforma dell’art.18 rimane solo una cerchia ristretta di intransigenti perchè la stessa minoranza si è divisa: qualcuno ha votato sì, qualcun altro ha scelto una morbida astensione. Solo pochi della vecchia guardia - Bersani e D'Alema, Fassina, Cuperlo, Damiano - insieme ai civatiani, ha scelto il no. Ora bisogna capire cosa succederà in Parlamento. Matteo Renzi ha auspicato che in aula “si voti tutti allo stesso modo”, ma ha anche detto: “I compromessi vanno bene, ma non a tutti i costi”.



Sull’articolo 18 perciò la posizione resta sempre quella: “Se vogliamo dare diritti ai lavoratori, non lo facciamo difendendo una battaglia che non ha più ragione di essere”. Com’era prevedibile, lo scontro con la vecchia guardia è stato molto aspro. I big della minoranza hanno affondato il colpo come mai era accaduto da quando Renzi è segretario. “Meno slogan, meno spot. Sarebbe consigliabile studiare i fatti” ha punto D’Alema citando poi Stiglitz: “Il mercato del lavoro non si riforma con la recessione ma con la crescita, perchè in recessione la flessibilità incide negativamente sulla domanda”. Lo scontro mette in luce la distanza ormai profonda fra le due anime del Pd. Anche nell’uso delle parole. D’Alema rispolvera il termine “padroni”, Renzi preferisce definire gli imprenditori “lavoratori”.



Ugualmente duro è stato l’ex segretario Bersani: “Noi sull’orlo del baratro non ci andiamo per l'articolo 18. Ci andiamo per il metodo Boffo, perché se uno dice la sua, deve poterla dire senza che gli venga tolta la dignità”. Critiche dunque non solo nel merito della riforma del lavoro ma anche sul metodo di gestione del partito. Anche con i sindacati la tensione rimane alta. Renzi ha detto che li riceverà a Palazzo Chigi e ha aperto al dialogo, ma solo su tre punti: “una legge della rappresentanza sindacale, salario minimo, la contrattazione di secondo livello”.



Nessuna menzione invece dell’art.18. Cgil, Cisl e Uil non hanno trovato una linea comune, ma corso Italia ha confermato la manifestazione per il 25 ottobre e la Uil è tornata a parlare di sciopero generale. Il governo ha i suoi problemi anche con la legge di stabilità. L’ipotesi di inserire una parte del Tfr in busta paga viene bocciata da Rete Imprese Italia: “Non si possono chiamare le imprese ad indebitarsi per sostenere i consumi dei propri dipendenti”. Oggi intanto gli uffici di presidenza di Camera e Senato dovrebbero dare il via libera ai tetti per le retribuzioni degli oltre 2000 dipendenti di Palazzo Madama e Montecitorio. I sindacati protestano, ma se la riforma passerà si potrebbero risparmiare 97 milioni in quattro anni.
Ultimo aggiornamento: Martedì 30 Settembre 2014, 09:41
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