Siria, pioggia di 105 missili con obiettivi limitati

Pioggia di 105 missili con obiettivi limitati

di Gianandrea Gaiani
I raid punitivi non alterano la situazione sui campi di battaglia siriani ma aumentano i rischi di escalation. L’attacco aveva obiettivi limitati, al punto da poter essere definito simbolico: russi e siriani erano stati informati circa i bersagli sotto tiro (lo ha ammesso il ministro della difesa francese, Florence Parly) come sembrano indicare anche due elementi. Il primo è l’assenza di vittime (9 feriti in tutto) nell’istituto di ricerche scientifiche nei pressi di Damasco e nei centri di comando, produzione e stoccaggio delle armi chimiche colpiti vicino Homs. Il secondo è rappresentato dall’elevato successo conseguito dalla difesa aerea siriana che, pur se coadiuvata da tecnici russi, avrebbe operato da sola intercettando, secondo il ministero della Difesa russo, ben 71 dei 103 missili da crociera lanciati dagli occidentali. Una percentuale che gli attaccanti non hanno confermato ma conseguibile anche grazie alle informazioni sugli obiettivi da difendere che ha permesso di concentrarvi le difese aeree basate su differenti sistemi missilistici (S-125, Buk, Pantsyr, Sa-6 ed Sa-8) attivi ad ogni quota.

I FRONTI
I russi hanno fatto sapere che le aree poste sotto le loro difese aeree (anche le armi a lungo raggio che includono i sistemi missilistici S-300 e S-400) intorno alle basi di Hmeymin (Latakya) e Tartus non sono entrate in azione né le basi russe sono state prese di mira; ma questo non esclude che gli apparati di guerra elettronica schierati da Mosca in territorio siriano non abbiano aiutato Damasco a deviare con disturbi elettronici o abbattere i missili.

Il Pentagono ha riferito che l’attacco ha visto l’impiego di 105 missili, due in più di quelli registrati dai russi e quasi il doppio dei 58 impiegati un anno or sono dagli Usa contro la base aerea siriana di Sharyat. Gli americani hanno lanciato dal mare 66 missili da crociera Tomahawk: 37 partiti da un incrociatore e un cacciatorpediniere dislocati nel Mar Rosso e 23 da un altro cacciatorpediniere in navigazione nel Golfo Persico. Altri 6 missili dello stesso tipo li ha lanciati dal Mediterraneo orientale un sottomarino, probabilmente il Warne o il Georgia. Altri 19 missili da crociera del tipo Jassm ER sono stati lanciati da due bombardieri B-1, probabilmente decollati dalla base qatarina di al-Udeid portando a 85 il numero di ordigni lanciati sulla Siria dalle forze statunitensi. Infine, dodici i missili impiegati dai francesi, 3 dei quali lanciati da una fregata FREMM (probabilmente l’Aquitaine) che ha impiegato gli Scalp Naval al loro battesimo del fuoco mentre 5 cacciabombardieri Rafale decollati dal suolo francese hanno lanciato 9 missili da crociera Scalp/Storm Shadow, gli stessi impiegati dai 4 cacciabombardieri britannici decollati dalla base cipriota di Akrotiry e che hanno lanciato 8 ordigni. Gli anglo-francesi, che hanno contribuito con oltre il 20% delle armi impiegate, hanno colpito solo gli obiettivi intorno ad Homs.

LE SCELTE
La scelta dei bersagli è stata determinata dalla volontà di limitare l’attacco a obiettivi legati agli arsenali chimici di Damasco, ufficialmente consegnati all’Organizzazione per la proibizione delle armi chimiche nel 2014. Del resto, sia il centro di ricerche di Damasco sia gli stabilimenti per produzione e stoccaggio di Homs dovevano essere vuoti poiché in caso contrario le esplosioni avrebbero provocato la dispersione nell’ambiente di gas nervini o altri aggressivi chimici.

Desta perplessità, specie tenendo conto dell’aspro dibattito in Gran Bretagna circa la legittimità del blitz, il fatto che gli alleati non abbiano atteso un verdetto degli ispettori dell’Opac che ieri hanno raggiunto l’area di Douma prima di scatenare la rappresaglia contro il regime siriano in base solo a elementi non probatori circa la responsabilità degli uomini di Assad. Le prospettive sono quindi di uno stop a nuove incursioni, sempre che non vengano denunciati ulteriori attacchi con armi chimiche. Il blitz da un lato ha permesso ai vertici politici anglo-franco-americani di mostrare i muscoli mantenendo l’impegno dopo la strage di Douma; dall’altro presenta vantaggi anche per Assad e Mosca. I russi possono accusare gli occidentali di aver condotto un attacco al di fuori di ogni legittimità internazionale mentre il presidente siriano ha trasformato l’attacco in arma propagandistica da utilizzare soprattutto sul fronte interno. Già nella mattinata di ieri erano iniziate le manifestazioni pro-regime in diverse città siriane e Assad può fregiarsi della medaglia di aver affrontato con successo l’attacco delle potenze nucleari occidentali. Uno a uno. Palla al centro. La “partita” siriana è ancora aperta e, soprattutto, lontana dal fischio finale.

 
Ultimo aggiornamento: Domenica 15 Aprile 2018, 08:48
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