Roma, migrante di 22 anni suicida nel Cpr: «Piangeva, voleva tornare a casa». Scoppia la rivolta, sassi e auto in fiamme

Alcuni ospiti hanno tentato di sfondare una porta in ferro, lanciato sassi contro il personale e tentato di incendiare un'auto

Roma, migrante di 22 anni suicida nel Cpr: «Piangeva, voleva tornare a casa». Scoppia la rivolta, sassi e auto in fiamme

di Redazione web

Disordini sono scoppiati a Roma nel Centro di permanenza per il rimpatrio (Cpr) di Ponte Galeria, dove questa mattina un ragazzo di 22 anni, originario della Guinea, è stato trovato morto. Il Cpr si trova in via Cesare Chiodi, all'estrema periferia di Roma: il cadavere del giovane è stato trovato intorno alle 6 e si ipotizza il suicidio. Alcuni ospiti hanno tentato di sfondare una porta in ferro, lanciato sassi contro il personale e tentato di incendiare un'auto. Sul posto la polizia che ha lanciato lacrimogeni per placare la protesta: ora la situazione è tornata alla normalità.

«Piangeva, diceva di doversi occupare dei fratelli»

«Sono qui al Cpr di Ponte Galeria da un paio d'ore, avendo saputo che c'era stata la morte di un ragazzo di 22 anni, che si è suicidato impiccandosi. Era arrivato qualche giorno fa dal Cpr di Trapani, dove era stato dalla metà di ottobre. Venerdì era stato visto disperato da alcuni operatori. Piangeva, riferiva che voleva tornare nel suo Paese perché aveva lì due fratelli piccoli di cui occuparsi, altrimenti avrebbero sofferto la fame». Sono le parole del deputato e segretario di +Europa Riccardo Magi dopo aver parlato con la dirigenza del Cpr di Ponte Galeria a Roma, con infermieri, forze di polizia e altri detenuti. «Era affranto, disperato per questo. Ha lasciato sul muro un ritratto di sé stesso, con sotto un testo in cui ha scritto che non resisteva più e sperava che la sua anima avrebbe risposato in pace.

Da altri detenuti del settore 5 del Cpr è stato visto pregare intorno alle 3 e poi, poco prima della 5, è stato visto impiccato alla cancellata esterna del reparto». 

L'agitazione e il lancio di sassi

«A partire da stamattina - aggiunge - c'è stata agitazione con azioni di protesta, prima placate e poi riprese di nuovo con lancio di sassi e utilizzo degli idranti. Ora c'è una fase di protesta molto forte. I detenuti ci hanno parlato delle condizioni infernali che si vivono in questo centro, da un punto di vista sanitario, d'igiene e di alimentazione. Molti compiono atti di autolesionismo: quello che è più frequente è che si fratturano gli arti, le caviglie o le gambe, in modo da essere portati via per essere medicati», riferisce Magi.

«Sono luoghi - conclude - in cui è inevitabile che accada questo. Luoghi di afflizione peggiori di un carcere. E nel momento in cui si prevede che la detenzione possa arrivare a 18 mesi, la condizione diventa insostenibile. Bisogna vederlo per capire di cosa parliamo. La richiesta al governo è di entrarci in questi luoghi, di vederli e di andare verso un superamento e una chiusura di questi luoghi. Un conto è avere un tempo limitato prima del rimpatrio, ma qui ci sono persone che non verranno mai rimpatriate e vengono tenute in uno stato di prigionia».


Ultimo aggiornamento: Domenica 4 Febbraio 2024, 19:33
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