Terremoto dell'Aquila, Giustino Parisse ricorda i figli morti 15 anni fa: «Il senso di colpa mi perseguita. Ormai mi è vietato pure sognare»

Federico Vittorini aveva 13 anni quando il sisma gli portò via la mamma e la sorella

Terremoto dell'Aquila, Giustino Parisse ai figli morti 15 anni fa: «Il senso di colpa mi perseguita, mi è vietato sognare»

di Redazione Web

Quindici anni non cancellano il dolore. Non ne basterebbero mille, probabilmente. Soprattutto per chi è rimasto e ricorda ogni 6 aprile quello che ha perso nel 2009 all'Aquila durante il terremoto. Come Giustino Parisse, giornalista che ha perso i due figli Domenico e Maria Paola. «Non riesco nemmeno immaginare come potrebbe essere la nostra vita se voi foste ancora qui», ha scritto in un ricordo a Repubblica. «L’altra sera insieme a mamma Dina, con un velo di malinconia, ci siamo detti che in questa tarda stagione della nostra vita avremmo sognato di passare tanto tempo a baloccarci con i nipotini. Portarli a spasso in carrozzina, cullarli per farli dormire, spazientirsi quando avrebbero fatto i capricci, preparare pranzi e cene per stare insieme come una grande famiglia. Ma ormai ci è vietato persino sognare».

«Spero che, dopo ciò che è successo 15 anni fa, non hai cambiato idea. In fondo quella fiducia che avevi in me, io quella notte l’ho tradita. So che ripeto sempre la stessa cosa ma nonostante gli sforzi che faccio l’ombra del senso di colpa mi insegue ovunque. Resta la vostra memoria. L’amore spezzato. Il pianto dolce che nasce da una complice tenerezza. Dalla finestra vedo che sta calando il buio. Il Gran Sasso scompare dall’orizzonte. Vi sto scrivendo la sera del Venerdì Santo giorno di morte e dolore. Ma fra poche ore sarà Resurrezione. E’ l’unica, vera, speranza che ci resta. Ciao ragazzi. Ci sentiamo fra un anno. Se Dio vorrà!», ha concluso.

La lettera di Federico Vittorini

«A quindici anni dal terremoto pensare di ridurre il 6 aprile ad un giorno incentrato soltanto sul tema del lutto e del ricordo di quella notte sarebbe riduttivo, quindici anni iniziano ad essere tanti, si può iniziare a vedere una nuova città, una nuova comunità che mai come prima d'ora ha bisogno di ritrovarsi perché ancora vagabonda alla ricerca di una stabilità e di una normalità che ormai non fanno più parte delle nostre vite». È uno dei passaggi della toccante lettera inviata alla città da Federico Vittorini, 28enne aquilano che 15 anni fa nel tragico terremoto dell'Aquila ha perso la mamma e la sorella.

Federico è figlio del medico chirurgo Vincenzo Vittorini, a lungo presidente del comitato delle vittime del terremoto.

Federico che all'epoca del sisma aveva 13 anni, questa sera parteciperà con il papà alle commemorazioni per il 15esimo anniversario di una tragedia che ha causato la morte di 309 persone. «Fare Memoria significa non nascondere la sabbia sotto il tappeto ma avere la consapevolezza che anche dalle cose più brutte di riescano a creare opportunità per un futuro migliore, e questa non può e non deve rimanere soltanto un’utopia».

«Quest’anno tra le iniziative che abbiamo pensato per l’anniversario i bambini e le bambine dell’Aquila sono tra i protagonisti di questi incontri ed eventi, insieme ai ragazzi e alle scuole, perché è da lì che deve partire il messaggio che la Memoria non è un qualcosa che ti fa restare aggrappato al passato ma è invece una molla incredibile verso il futuro.Inizia ad avvicinarsi il momento in cui ci troveremo davanti ad un bivio, accontentarci e chiudere gli occhi facendo finta che tutto vada bene oppure costruire davvero un'opportunità di rinascita e una consapevolezza di avercela fatta, lasciando alle generazioni future un posto migliore di quello che stiamo abitando - continua la lettera -. È per questo motivo che mi auguro che il 6 aprile 2009 diventi un momento di riflessione, da qui ai prossimi decenni, per l'intera comunità. Un momento in cui tracciare delle linee per capire dove stiamo andando, cosa stiamo diventando e cosa potremmo essere, partendo dal concetto base del 'Fare Memoria', che significa parlare di un evento disastroso come il terremoto anche a chi nel 2009 non era ancora nato, ma non con l'obiettivo di spaventare le generazioni più piccole, ma di insegnare a non rimuovere ciò che ha condizionato e sta condizionando la nostra e la loro esistenza».


Ultimo aggiornamento: Sabato 6 Aprile 2024, 09:31
© RIPRODUZIONE RISERVATA