Mattia Giani morto 12 anni dopo Morosini. Il cardiologo: «Servono esami più approfonditi, la prevenzione è fondamentale»

Una giornata di lutto, 12 anni dopo Morosini. Il cardiologo Colizzi spiega: "Serve prevenzione"

Mattia Giani morto 12 anni dopo Morosini. Il cardiologo: «Servono esami più approfonditi, la prevenzione è fondamentale»

di Francesco Balzani

Una giornata di lutto, proprio a poche ore dalla ricorrenza per i 12 anni dalla scomparsa di Piermario Morosini. Oggi è venuto a mancare Mattia Giani, calciatore di Eccellenza che ieri ha accusato un malore durante la partita durante Lanciotto Campi-Castelfiorentino. Il tutto nel giorno in cui l’Italia ha tirato il fiato per Evan N'Dicka. Il difensore romanista ha scongiurato la problematica cardiaca che sembrava essere la causa del malore durante la sfida con l’Udinese. La partita è stata sospesa al 72’, ma la buona notizia sono le condizioni dell’ivoriano. Ne abbiamo parlato con il cardiologo Christian Colizzi che ha avuto a che fare con diversi casi del genere.

Una giornata tragica per lo sport italiano. Poche ore fa è arrivata la notizia della morte di Mattia Giani. E si discute dei mezzi di soccorso in alcuni impianti.
«Giusto discuterne. Il concetto che non deve mai passare come banale è quello legato alla prevenzione. Al giorno d'oggi l'idoneità agonistica dovrebbe prevedere altri esami obbligatori rispetto ai soliti che vengono fatti. Troppe volte si sente di stagioni che volgono al termine in maniera tragica per alcuni giocatori. Rendiamoci conto che l'idoneità agonistica non può essere rilasciata senza avere un quadro completo della situazione cardiaca. Oggi ci si riduce a una prova da sforzo, a una spirometria e un esame delle urine senza nemmeno l’obbligo di un ecocardiogramma, un holter.  La salute cardiaca richiede anche esami più approfonditi, ci sono alcuni centri sportivi che lo fanno. Altri no»

Fondamentale anche l’uso del defibrillatore. 
«Quella è proprio la base della base.

Ogni minuto di rianimazione cardio polmonare senza l'aiuto del defibrillatore riduce del 10% le probabilità  di sopravvivenza della persona. Bisogna averlo e avere persone che sanno usarlo. Grazie a quello di possono salvare tante vite, e spesso purtroppo è assente».

A Udine nel caso di Ndicka c’è stata la possibilità di fare subito anche un elettrocardiogramma. 
«Quello è un valore aggiunto, quello di Udine è un impianto all’avanguardia. Il defibrillatore è un salvavita quando il cuore si ferma o ci sono delle aritmie basali, mentre l'elettrocardiogramma ti permette di discriminare quale può essere il problema cardiaco, per esempio se c’è un infarto in corso».

Inizialmente si pensava fosse un infarto poi si è parlato di compressione polmonare. I sintomi sono simili
«Si, uno pneumotorace che è una situazione in cui una bolla di enfisema congenita che in concomitanza con un trauma toracico si rompe e porta a questo problema e a sintomi molto simili a quelli di un problema cardiaco. In questo caso è stato lieve, normalmente è così ma è comunque doloroso e questo può aver indotto a pensare che fosse un infarto, ma poi gli altri esami lo hanno escluso».

Questa situazione può avere conseguenze per il cuore? 
«Quando è uno pneumotorace di ridotte dimensioni no, nelle forme più importanti in cui si rompe una parte importante del polmone può mettere in pericolo la vita delle persone, ma fortunatamente sono casi rarissimi e intervengono di solito di polmoni più compromessi. Non è il caso di Ndicka che è un atleta giovane e non fumatore».

Quando può tornare a fare attività chi ha problematiche di questo tipo?
«Secondo me almeno un mese di convalescenza ci vuole, si deve rimettere a posto il tessuto polmonare quindi credo siano questi i tempi necessari, ma dipende tutto dal grado di incidenza del trauma».


Ultimo aggiornamento: Lunedì 15 Aprile 2024, 19:47

© RIPRODUZIONE RISERVATA