Valentina Diouf, frecciatina a Paola Egonu: «L'Italia non è razzista, vittimismo non serve. Nazionale? Ho chiuso per sempre»

Dalla campionessa di volley frecciatina a Paola Egonu. Poi apre al ritorno in Italia: "Vorrei giocare a Milano"

Valentina Diouf, frecciatina a Paola Egonu: «L'Italia non è razzista, vittimismo non serve. Nazionale? Ho chiuso per sempre»

di Luca Uccello

«L’Italia mi manca perché è a casa ma adoro mettermi in discussione. Per me è stimolante…». Valentina Diouf resta in Polonia, al Lks Commercecon Lodz. Ci resta da campione in carica e pronta a rigiocarsi la Champions League. «È stata una stagione incredibile, spero la prima di tante».

Corea del Sud, Brasile, una infelice parentesi a Perugia e poi in Polonia dove è tornata a brillare. «All’estero mi danno la possibilità di concentrarmi sul mio lavoro. E i risultati si vedono. Allora perché cambiare una formula vincente?». Valentina è stata la prima ragazza di colore a indossare la maglia azzurra, la prima a scendere le scale del teatro Ariston. La prima a occuparsi di razzismo e bullismo nello sport.

Ma essere la prima non è sempre semplice, come ci racconta da testimonial del progetto di Laureus a sostegno della Polisportiva Garegnano. Un progetto per per il mondo della pallavolo reso possibile dalla collaborazione con Cristian Trio, fondatore di Dyanema. Un progetto che la fa tornare indietro con gli anni: «Ho giocato in questa palestra quando ero bambina. La mia storia è questa. Vengo da una palestra così, vengo da palloni tutti diversi, dalle sfide regionali, vengo da tutto questo. È bello tornare alle origini e ricordarsi dove tutto è cominciato».

Lei è stata la prima atleta di colore a vestire la maglia azzurra. La prima a scendere le scale del Teatro Ariston a Sanremo. La prima a parlare anche di razzismo e bullismo nello sport.

«Essere la prima a fare le cose non è sempre facile. Rompere il ghiaccio, buttar giù le barriere, sconfiggere i pregiudizi è complicato. Quelli che vengono dopo hanno sicuramente la strada più semplice. Ma io sono fiera, mi piace l’idea di lasciare il segno…»

Insomma non conviene…

«Sicuramente sono “famosa” perché non ho problemi ad espormi con tutto quello che ne consegue. Se gioco all’estero un motivo c’è o no? Alla gente non piace quando ti esponi. Poi viene additata come scomoda perché hai un’opinione. Vieni additata come ingestibile. Sinceramente preferisco essere additata come ingestibile piuttosto che diventare una vittima del sistema. Io sono ferma sulle mie idee ma questo non significa che non sono in grado di fare bene il mio lavoro»

In Polonia le hanno consegnato il premio come miglior giocatrice del campionato…

«Ho ringraziato la Polonia perché mi ha fatto tornare a brillare. A Perugia è stata un’esperienza negativa ed è inutile tornarci. Quando sono arrivata in Polonia la prima cosa che mi ha detto il mio allenatore è stata: “La squadra aveva bisogno di una giocatrice come te. Questa squadra ha bisogno di una giocatrice che si prenda delle responsabilità”. Io non chiedo altro. Datemi la responsabilità, datemi la pressione. È bellissimo per me. Significa che vali. Arrivare lì dopo una parte di stagione difficile e sentirmi dire che loro credevano in me mi ha fatto rinascere»

Giocare per l’Italia è ancora un suo obiettivo?

«Con la Nazionale credo di aver chiuso per sempre. Anche perché Mazzanti fa di tutto per non incontrarmi e quando mi vede mi gira al largo.

Ma non credo di mordere…»

Ma lei non ha nessuna colpa?

«Io mi sento a posto con la mia coscienza. Quando ci sono stati gli ultimi contatti non mi è mai stata data nessuna colpa o mancanza. Il mio lavoro è giocare a pallavolo, quello dell’allenatore fare delle scelte. Condividerle o no non cambia niente. Controlla quello che puoi controllare non quello che non posso. È inutile farsi del sangue marcio, intanto la vivo male solo io. Io sono a posto così. Faccio il mio campionato, vinco lo scudetto, gioco la Champions League e se cambierà tecnico vedremo...»

L’Italia è un Paese razzista come ha detto Paola Egonu?

«L’Italia non è un Paese razzista. Dire che l’Italia è un Paese razzista significa generalizzare. Non me la sento di unificare l’Italia con un messaggio negativo. Ci sono ancora delle situazioni spiacevoli perché altrimenti non saremmo qui a parlarne ma la sensibilizzazione non va fatta sulle nuove generazioni. Per loro non esiste il razzismo. È un discorso da fare per le generazioni più vecchie. Il mio modo di comunicare è quello di dare messaggi positivi. Non dare messaggi negativi, insultare o attaccare. Certo è più facile. Fai più rumore. Ma così fai il gioco di tutte quelle persone e crei più odio…».

Non le piace il vittimismo…

«Non penso sia la chiave giusta per farsi capire. È più comodo. Quello sì. La cosa più difficile è prendere una posizione. Ha delle conseguenze. Basta guardare me. Io ho sempre preso delle posizioni e ne ho pagate le conseguenze. Ma va bene così. Io alla mattina mi guardo allo specchio e dico: “Vale io sono fiera di te. Perché tu non te ne frega niente di quanto posso stare antipatica perché hai preso una posizione sui razzisti”. Mi hanno dato la possibilità di dire la mia e lo faccio. La condividi? Non la condividi? Parliamone. Prendere una posizione significa incitare al dibattito. È il dibattito che ti fa crescere. Non è insultare, non è fare la vittima, non è farsi compatire… Mettiamo sul tavolo le nostre idee e vediamo!»

Le piacerebbe parlarne pubblicamente anche con Paola Egonu?

«Abbiamo due modi tanto diversi di comunicare…»

Ma esiste rivalità tra Valentina Diouf e Paola Enogu?

«Per me questa rivalità non esiste. Non è mai stato un mio obiettivo avere una rivale in campo o fuori. Non l’ho mai cercata e non mi è mai importato nulla. Io sono concentrata su me stessa. Non mi interessa entrare in rivalità con qualcuna perché penso di sprecare un sacco di energia. Non ho lo malattia dell’invidia o della gelosia…»

La Vero Volley Milano ha preso una giocatrice.

«Di fisico. Molto più di fisico che tecnico come è la pallavolo oggi. Una giocatrice che ha sempre giocato in squadre che le hanno dato la possibilità di vincere tanto»

Prima di chiudere la carriera le piacerebbe anche a lei giocare per la squadra della sua città?

«Sicuramente sarebbe un’idea intrigante chiudere la mia carriera a Milano, nella città dove sono nata ora che sia anche una squadra con ambizioni. Sarebbe una cosa molto romantica…»


Ultimo aggiornamento: Lunedì 19 Giugno 2023, 22:49
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