Benvenuti-Mazzinghi, 50 anni dopo il derby
di pugilato l'Italia senza rivalità tricolori

Benvenuti-Mazzinghi, 50 anni dopo il derby ​di pugilato l'Italia senza rivalità tricolori

di Oscar Eleni


MILANO - Pochi ci crederanno, ma anche cinquant'anni dopo quel montante destro di Benvenuti, che ha mandato al tappeto Sandro Mazzinghi nella sesta ripresa del mondiale di San Siro, ci ruba il sonno.



Come diceva quel drammaturgo tedesco l'odio è partigiano, ma l'amore lo è ancora di più. Le dieci di sera e le luci di San Siro, dove l'Inter aveva fatto avvelenare i milanisti, vincendo scudetto e Coppa Campioni, erano accese per loro, i campioni che dividevano il pugilato, Achille contro Ettore. Due vite nate povere, diverse, due stili differenti. Nobile arte per l'istriano Nino, contro generosità e potenza del pugno della roccia di Pontedera che la vita aveva segnato davvero e non soltanto sul ring.



Eravamo arrivati sul prato insieme ai Moratti, una mascotte milanista e i grandi dell'Inter. Separazione in casa, come in tutta la città, come in un Paese che si alimentava di rivalità sportive. Sceglieva per passione, sapendo che quel vento muove tutto, ma provoca pure uragani. A scuola dovevi decidere subito: sei per Coppi il “peccatore” che volava o tifi Bartali, il santo pellegrino che distruggeva gli avversari. A Milano, poi, c'era il grande calcio. Dualismi che alimentavano quel mondo sportivo non ancora globalizzato. Scegliere era l'imperativo. Se andavi nel Veneto dovevi decidere subito se era meglio il Petrarca di Padova o quei leoni di Rovigo. Quando era il basket a stregarti la guerra nasceva nelle giovanili: il Simmnethal di Rubini da una parte, l'Ignis dei Borghi prima della Cantù degli Allievi.

Decidere, farlo bene per credere di aver sempre puntato sui “buoni” contro i “cattivi” come credono le curve malsane, pazienza se sbagliavi. Era il gioco più bello in quell'anno di quasi grazia del 1965.



Una cosa che adesso ci manca, anche se per Rossi o Biaggi sulla moto si è litigato, per Pietrangeli e Panatta si è filosofeggiato, per Lauda e Hunt si è deciso prima che facessero un film, così come per Alì Cassius Clay e i suoi “nemici”, da Liston a Foreman. Certo anche adesso guai non capire subito se sei entrato in una casa juventina o milanista, se stai con l'Innominato o con Don Rodrigo, ma l'atmosfera è davvero diversa.



Tutto mischiato in battaglie a distanza e se non vuoi sentirti provinciale ogni volta che assegnano il pallone d'oro ti arrabbi se lasciano fuori Buffon, te la prendi se vince sempre Messi e quasi mai Cristiano Ronaldo.



Certo anche il pugilato ha perduto il suo fascino. Avevamo campioni del mondo, adesso non sapresti davvero per chi fare il tifo. Lo stesso ciclismo prova a dividerci, ma dopo Coppi e Bartali forse si è spento tutto su Moser e Saronni, tifando sempre per Gimondi pur sapendo che Merckx era un adorabile cannibale a cui piaceva vincere anche le kermesse.

Ci mancano notti come quella di San Siro, anche se la vera battaglia avvenne a Roma il 17 dicembre 1965, tante botte, un vincitore, Benvenuti, che uscì provato, uno sconfitto, Mazzinghi, che ancora oggi giura di non aver perso nessuno dei due incontri. Forse è vero...
Ultimo aggiornamento: Giovedì 17 Dicembre 2015, 12:31
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