Franco Mussida, il chitarrista della Pfm pubblica nuovo album: «Viaggio nel Pianeta Musica per fuggire dal convenzionale»

Franco Mussida, il chitarrista della Pfm pubblica nuovo album: «Viaggio nel Pianeta Musica per fuggire dal convenzionale»

di Rita Vecchio

La chitarra baritona, la polifonia, l’elettronica e la classica, le parole, il canone all’ottava, le note. É tutto il mondo del suono il denominatore comune che appassiona Franco Mussida. Membro fondatore della Premiata Forneria Marconi, come nel 1984 del CPM Music Institute di Milano, tra i più importanti istituti italiani di musica popolare, pubblicherà il 7 ottobre il nuovo album, “Il pianeta della musica e il viaggio di IÒTU"  che, eccetto “L’oro del suono” e  “Io Noi la Musica”, brani che lo hanno anticipato, non uscirà in digitale. Le immagini sono tutte disegnate da lui, «la pittura e la scultura sono la mia seconda anima». 

Tredici tracce, tredici tappe di un personaggio a tratti immaginario, a tratti autobiografico, IòTu. Chi è?

«É un bambino il cui nome è espressione di due forze, l’io egoico, asociale, e il Tu altruista. Il suo compito è ricordarci dove ci porta la musica, non solo dove ci porta il testo. Userà anche Instagram per il suo viaggio nel mondo del suono».

Fantasia e musica, e un nuovo genere che chiama “UltraProg-Pop”. Perché?

«Avevo bisogno di allontanarmi dalla canzone convenzionale. In copertina ho voluto l'etichetta del controllo qualità e ho suonato una chitarra baritona una chetak anni ’90 a manico largo con corde di nylon progettata per unire il mondo del soul-blues al pop e a quello classico. “Stupore”, la bonus track del vinile racconta la mia emozione. Accompagnerà IòTu nel mondo del suono e per i continenti emotivi che sono uguali per tutti. Non c’è differenza tra la gioia di un russo e un americano». 

Il riferimento corre all’Ucraina, o sbaglio?

«Se in “Io Noi la Musica” si coglie ciò, io lo lego perlopiù alla speranza e alla bellezza della ricostruzione più che all’orrore della guerra in generale. E anche nel video del brano, in cui ci sono la farfalla e l’uomo con il fucile figure prese dal quadro all'entrata della CPM, il focus va alla farfalla e non la bruttura dell’arma». 

Ma IòTu è Mussida?

«Solo in parte.

Se guardo ai 60 anni di carriera, vedo non solo me ma tutta una generazione piena di intenzioni, che ha avuto tanto e che non ha restituito ai giovani tutto». 

Perché?

«In quel momento meraviglioso c’era diversità musicale che creava bellezza, da Miles Davis a Jimi Hendrix ai Rolling Stones. Oggi quell’idealismo si è incarnato nel mercato».

E quindi il rap è figlio del mercato?

«È figlio dell’intellettualismo che governa la nostra epoca. Fa parte della  tradizione orale che ha tagliato i ponti con il sentire. Non c’è nulla di male in questo, ma è il nostro lascito» 

É convinto di questo?
«“Il pianeta della musica" l’ho scritto dopo 30 anni. Dopo aver frequentato carceri e aver fondato la CPM. Frequento tutti i giorni i ragazzi». 

In un brano c’è Franco Battiato, insieme a Jung, Terzani e Leonardo. È un omaggio anche a quella generazione?

«Il brano è “Democrazia solidale”, con un testo che parla proprio di un pensiero che pratica l’ecologia dei sentimenti e che educa alla libertà emotiva e alla compassione. Lo avevo scritto due anni prima che Battiato morisse. Oggi diventa ricordo. E il ricordo che ho di lui è dentro al testo di “La Cura”». 

In questo confronto di artisti, vecchia generazione e nuova, qualche nome della scena contemporanea?

«Willie Peyote, ad esempio. Lui si domanda il dove si stia andando. E in questo panorama, io riconosco che il mio viaggio non è solo in controtendenza. Va in una direzione opposta, quella del suono e non nelle parole. Me ne rendo conto. E probabilmente sarà un limite di questo lavoro». 

Dove si concluderà questo viaggio?

«Sul palcoscenico. Se la gente lo vorrà. Io lo spero tanto». 


Ultimo aggiornamento: Sabato 8 Ottobre 2022, 14:28
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