De Gregori, ecco 'Vivavoce' e i brani riarrangiati: "L'orgoglio italiano resiste, i rapper non sono come i cantautori"

De Gregori, ecco 'Vivavoce' e i brani riarrangiati: "L'orgoglio italiano resiste, i rapper non sono come i cantautori"

di Ferro Cosentini
MILANO - Un disco da ascoltare a Vivavoce, come chiede il titolo dell'ultimo lavoro discografico di Francesco De Gregori, dai ieri nei negozi e in digital download. Anticipato dal singolo Alice, cantato in coppia con Luciano Ligabue, l'album è una rilettura di brani del cantautore romano «perché – come spiega lui stesso – a tutti noi piacciono le versioni originali, ma le canzoni poi cambiano».





Non rischia di spiazzare i fan duri e puri?

«No, perché in fondo dal vivo le mie canzoni erano già cambiate negli anni. Certo, fermarle su disco è qualcosa in più che riarrangiarle live. Insomma, non vado a casa di quelli che conservano Rimmel e glielo sostituisco di nascosto. È solo musica in più».



È di passaggio in Italia perché sta portando avanti un tour europeo: come mai non lo aveva fatto prima?

«Perché oggi mi è ritornata parecchia voglia di fare e suonare musica, e perché oggi la musica circola più velocemente, grazie alla Rete e a... EasyJet».



Tra i brani dell'album c'è un toccante omaggio a Lucio Dalla, in Santa Lucia. Qual è il ricordo del suo collega e amico?

«Sì, nel finale riprendo il riff di Com'è profondo il mare. A lui piaceva molto questa mia canzone e a me piaceva la sua, perché era drammatica e sincera. È come incontrarci di nuovo. Il lutto vero è non poter più fare musica insieme: dopo il 1979 e il 2010, con lui avrei fatto il tris. In una situazione folle, tipica delle sue: a bordo piscina di una villa di un ambasciatore o in un piccolo festival alle Tremiti».



Canterà a Londra, a Bruxelles: che dirà del futuro della sua Italia?

«Non sono uno sciamano, ma la cosa positiva è che è nelle nostre mani. Dobbiamo solo capire che il futuro è un insieme di doveri e di diritti, come cantavo nel brano La ragazza del '95. Ogni volta che canto Viva l'Italia all'estero, sento però un brivido tra gli italiani presenti. L'orgoglio resiste».



C'è chi dice che i cantautori contemporanei siano i rapper: lei che ne pensa?

(sorride) «I rapper? Qualche buona canzone la fanno, ma i cantautori... roba diversa: eravamo più acculturati e ci rivolgevamo a un pubblico più acculturato. Nei nostri testi si nascondevano riferimenti umanistici e liceali, e un po' per questo ci prendevano in giro. Nel rap non mi sembra ci sia questo bagaglio».
Ultimo aggiornamento: Martedì 11 Novembre 2014, 13:23
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