Parafrasando Carosone, la biografia artistica di Daria Biancardi si potrebbe compendiare in un titolo: “Tu vuo’ fa’ l’americana”. Anche la sua vita privata, però, visto che l’Oceano lo ha sorvolato più volte per viverci e cantare, negli States. Domenica sera debutta a Roma, all’Asino che vola, con “Respect”, dedicato ad Aretha Franklin, il suo mito, la sua musa, la voce che la ispira ma alla quale s’accosta «con rispetto, per l’appunto, con umiltà, con discrezione», puntualizza mettendo le mani avanti.
La storia di Biancardi è di quelle da raccontare. Tutto nasce per caso, per la ragazza palermitana che negli anni ’90 ascolta Michael Jackson, Madonna, le Spice Girls. Primo step: «Hai una bella voce», le suggerisce qualcuno. Lei ha un confortevole diploma nel cassetto ma ci prova ugualmente e si tuffa nel gospel, nel soul, nel blues, in gruppo e da solista. Secondo step: «Hai un timbro che somiglia a quello di Aretha Franklin». E andiamo a scoprirla, questa Aretha, dice tra sé e sé. Oggi racconta: «Fu un colpo di fulmine, un tocco divino, un’infatuazione quasi mistica». Il diploma resta nel cassetto. Lei continua a macinare serate ma il richiamo da oltreoceano è forte. Parte alla conquista dell’America che è appena scoccato il nuovo secolo. E lì si stabilisce, con permesso temporaneo di lavoro, col suo compagno, fa la shampista ma si presenta a cento audizioni, si esibisce nelle serate in cui gli artisti di varia estrazione si prenotano per farsi notare, fa qualche show case nei jazz club fino a quando risponde ad un annuncio sul giornale per un contest all’Apollo Theatre, il tempio della musica black ad Harlem. La prendono. «Inutile dire che quella sera, di fronte a quel pubblico, ho toccato il cielo con un dito». Ma s’imbatte in un “progetto” nuovo e inatteso: aspetta una figlia. «Mi sono trovata di fronte ad un bivio, ad una responsabilità enorme e allora ho scelto: sono tornata a Palermo e ho trovato un lavoro e una vita come si suol dire “normali”». Dal momento che conosce le lingue, fa l’impiegata amministrativa di reparto all’Ismett, l’istituto dei trapianti nato sull’asse Palermo-Pittsburgh (l’America c’entra anche qui). «Facevo la stessa turnistica degli infermieri – pomeriggio, mattina, notte – e intanto facevo la madre di Eden» (che oggi ha 19 anni e, dopo diploma d’ordinanza, s’è iscritta all’Università ma è già stata scritturata come corista nel gruppo di mamma).
Ultimo aggiornamento: Giovedì 18 Novembre 2021, 23:53
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