Sangue del mio sangue, il film di Bellocchio
a Venezia: "Libero e anarchico, ma moderato"
di Ilaria Ravarino
VENEZIA - L'accoglienza, in sala, è tiepida. Qualche timido applauso, un paio di fischi. E in conferenza stampa, a fare domande a Marco Bellocchio, sono solo gli italiani. Stampa straniera non pervenuta o poco interessata. Sangue del mio Sangue di Bellocchio, forse il film italiano più atteso del concorso, ha spiazzato il pubblico della Mostra di Venezia.
«Non mi sono preoccupato di costruire, per questo film, un'architettura drammaturgica assoluta e perfetta - ha detto il regista - Lo spirito del film è la sua libertà». Ambientato a cavallo tra il 1600 e i giorni nostri, tra liberi riferimenti alla manzoniana Monaca di Monza, prevedibili stilettate alla Chiesa e meno scontate incursioni nel territorio dei vampiri, il film arriva in sala, in Italia, da oggi. «È un rischio partecipare al concorso e uscire subito al cinema. Ma quando mi hanno proposto di competere, non potevo rifiutare. Chi sono io per dire di no alla Mostra di Venezia? Perchè avrei dovuto togliere ai miei collaboratori la possibilità di partecipare?»".
Sarà che il regista de I pugni in tasca non ha perso la sua carica ribelle: «Resto anarchico, ma molto più moderato. Il potere, che la mia immaginazione continua a legare ai preti, mi dà ancora fastidio. Solo che adesso non mi va di parlar male della Chiesa, perché oggi il Papa è più a sinistra della sinistra».
Il sangue del mio sangue del titolo, spiega Bellocchio, sarebbe anche un riferimento esplicito al coinvolgimento della sua famiglia nella pellicola: «È bello quando puoi passare del tempo con tuo padre facendo cose concrete come un film - ha detto il figlio Piergiorgio, tra i protagonisti - del resto il cinema fa parte anche della mia vita e su questo set ho raggiunto con mio padre il massimo dell'affiatamento. Le nostre strade non sono autonome, ma si parlano e si intrecciano».