'Pirati dei Caraibi', Geoffrey Rush: "Il mio Barbossa, potente e pigro"
di Alessandra De Tommasi
Chi è Barbossa oggi?
«Con una flotta di 20 navi, mi sembra quasi a metà tra un dirigente d'azienda e uno scommettitore di Las Vegas, che usa un'orchestra in cabina come suo iPod personale. Sono passati 10 anni, la storia si fa più profonda e vengono a galla molti segreti del passato».
Salazar è persino più spietato di lui
«A Barbossa tutto questo potere non ha fatto bene, ha primeggiato ma è anche diventato pigro con tutti questi soldi e questo potere. Con Salazar cambia tutto Questi due insieme sono archetipi, una coppia di cattivoni che spaventeranno di sicuro i bambini con il loro aspetto inquietante».
Come se lo immagina in un eventuale sequel?
«Finora lo abbiamo conosciuto come uno psicopatico, che è tornato con l'aiuto di un po' di magia. Semmai ci fosse un G20 in versione piratesca, io vedrei Barbossa come coordinatore dotato di un'autorità quasi regale, con tanto di parrucca e make-up adatto».
Tornerebbe volentieri?
«Certo, ma non so quanto sia probabile perché la saga ha davvero esplorato tutta la mitologia e il folclore piratesco, sirene incluse. Magari Barbossa potrebbe tornare come un fantasma, un saggio che dispensa consigli, stropicciato dalle mille battaglie e sempre più terrificante».
Intanto le nuove generazioni di pirati avanzano?
«Sono come una boccata d'aria fresca, permettono di parlare del rapporto padre-figlio, come nel caso del personaggio di Orlando Bloom».
Da piccolo le piaceva questo genere di avventure?
«Ricordo ancora lo stupore davanti a I Dieci comandamenti e alla scena dell'apertura del Mar Rosso: in quel momento ho scoperto la poesia del cinema».
Ultimo aggiornamento: Mercoledì 24 Maggio 2017, 09:46
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