Francesco Di Leva: «Sindaco del rione Sanità, con il film di Martone il ruolo di una vita»

Francesco Di Leva: «Sindaco del rione Sanità, con il film di Martone il ruolo di una vita»

di Michela Greco
Antonio Barracano è colui che decide di vita e di morte, di traffici, soldi e relazioni. È Il sindaco del rione Sanità, l’uomo d’onore che amministra la vita del quartiere secondo la sua personalissima morale, un personaggio nato nel 1960 dal genio di Eduardo De Filippo e trasferito ai nostri giorni dal regista Mario Martone insieme a Francesco Di Leva. 

L’attore napoletano, 41 anni, ha infatti avuto da Luca De Filippo i diritti del testo e l’ha portato prima in teatro e poi al cinema mettendo la faccia, il corpo e l’anima in quella che è stata una missione culturale e sociale, più che un semplice racconto. Al cinema come uscita-evento ancora oggi e domani dopo il concorso della Mostra di Venezia, Il sindaco del rione Sanità si regge sulla strepitosa interpretazione di Di Leva, che ringiovanisce il personaggio (perché oggi i camorristi, dopo i 40 anni, o sono morti o sono in carcere) e gli dà l’aspetto di un pugile.

Ha incarnato un personaggio imponente, tragico. Chi è per lei don Antonio?
«Tra le altre cose è un criminale che si tiene in casa un laureato, cioè il dottore (interpretato da Roberto De Francesco, NdR), il che è significativo. Credo che quello sia il male peggiore: il dottore ha tutti i mezzi per decidere se stare dalla parte del bene o del male, ha studiato e potrebbe scegliere un’altra strada, ma non lo fa. È pazzesco che Eduardo raccontasse i cosiddetti colletti bianchi della malavita già 60 anni fa».

Come ha spiegato questo personaggio a suo figlio, che è ancora piccolo?
«L’altra sera abbiamo rivisto il film insieme e lui era seduto dietro di me: quando c’erano le scene tra padri e figli mi metteva la mano sulla spalla e mi accarezzava. All’uscita mi ha detto che aveva pensato a noi due e alle cose che facciamo insieme. Ha colto soprattutto il discorso del film sulla paternità, mi ha commosso».

Questo film nasce dalla sua esperienza col Nest, Napoli Est Teatro, cosa rappresenta per lei quel luogo?
«È la mia vita, ci ho investito tutti i giorni da 10 anni a questa parte. Era la palestra abbandonata di una scuola, c’erano i muri che crollavano, è diventato un teatro da 100 posti che oggi è un punto di riferimento non solo per il quartiere, ma anche per Napoli e per il Paese. Con il Nest abbiamo anche co-prodotto il film».

Ha avuto un grande ruolo da protagonista in un film in concorso a Venezia. Si sente a un punto di svolta nella carriera?
«Più che altro ho pensato: chi scriverà mai un altro personaggio di questa potenza? Un ruolo di questo spessore è un’opportunità che pochi hanno nella vita, anche per questo non ho idea delle scelte che farò ora. Sarà un anno difficile emotivamente, personalmente e artisticamente. Di sicuro la mia salvezza sarà il teatro, come sempre, e poi farò il papà».
Ultimo aggiornamento: Martedì 1 Ottobre 2019, 08:20
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