Italia, crollano i matrimoni e aumentano
le separazioni dei beni. Rito religioso flop
di Mario Fabbroni
Un crollo verticale per il fatidico “sì”, se si considerano il picco raggiunto nel 1992 (con 312.348 matrimoni totali) e la ripresa registrata nell'anno del Giubileo (il 2000) che sembrava preludere all'ingresso in un Terzo millennio dominato dalle unioni tradizionali (284.410 matrimoni quelli celebrati allora).
Invece la tendenza si è clamorosamente invertita e non solo per colpa della crisi economica.
Perché, ad esempio, Camillo batte don Peppone - con il sindaco celebrante preferito al prete soprattutto al centro-nord - mentre è boom delle unioni civili. Soltanto 15 anni fa l'incidenza dei matrimoni civili non arrivava al 20% del totale delle celebrazioni, ma la scelta del rito civile per la cerimonia del primo matrimonio si è progressivamente diffusa in tutti gli strati della popolazione.
L'Istat fotografa quindi un notevole cambiamento, dovuto prevalentemente alla diminuzione delle prime nozze. I matrimoni tra celibi e nubili sono infatti passati da circa 200mila nel 2008 a 163.366 nel 2013.
Non solo. La maggior parte dei primi matrimoni (l'89%) si riferisce a celebrazioni in cui entrambi gli sposi sono cittadini italiani: ma è proprio questa la categoria nuziale in maggiore flessione. I fiori d'arancio “misti” vedono infatti tipologie curiose di matrimonio: l'anno scorso gli uomini italiani hanno avuto nel 19.2% dei casi una moglie rumena, nell'11% un'ucraina e nel 6,2% una brasiliana, mentre le donne italiane con marito straniero hanno scelto più spesso uomini provenienti dal Marocco (13,7%), dall'Albania (9,2%) e dalla Tunisia (6,3%).
Enorme il salto fatto dai coniugi del Sud Italia verso il regime di separazione dei beni: scelta che ha caratterizzato il 69,5% (2 su 3) dei matrimoni totali nel 2013.
Ultimo aggiornamento: Giovedì 13 Novembre 2014, 08:29
© RIPRODUZIONE RISERVATA